Un calciatore che diventa milionario non è una notizia. Un ex giocatore che fa più soldi quando smette, forse sì. Se poi, per riuscirci, parte da solo per l’America e mette in gioco tutto (quel che poco) che aveva guadagnato calcando i campi di C, allora questa storia diventa un esempio di tenacia nel realizzare i propri sogni e obiettivi. A costo di non dire nulla alla famiglia. Per amore della propria passione.
Vanni ha 44 anni, il suo cognome è Chiarotto, una carriera calcistica interrotta volutamente a 30, quando “avevo realizzato di non essere riuscito ad emergere dai meandri della C, facendomi capire che era meglio fare altro nella vita”, spiega a grandhotelcalciomercato.com. Dopo l’addio al calcio Chiarotto ha provato anche un’esperienza da procuratore, ma senza troppa fortuna. Quindi la nuova vita. Vanni si reinventa grazie alla sua attività e diventa un imprenditore di successo nel settore immobiliare. Compra case, le arreda e le ristruttura, per poi affittarle o venderle.
Centrocampista di talento, senza continuità, forse se lo ricorderanno i tifosi di Padova, Pro Patria, Varese, Martina, Benevento, Teramo, Ternana e Gubbio. Senza grandi segni lasciati, poche tracce vere ma una freccia lanciata e lasciata nel cuore di Gianni Di Marzio.
Vanni Chiarotto nasce il 30 gennaio 1979 e cresce a Veggiano, piccola cittadina in provincia di Padova. Cresce proprio nel settore giovanile biancoscudato e fa il suo esordio in prima squadra il 6 gennaio 1999, nel corso della sfida di Serie C persa per 4-1 contro Lecco.
A Padova incontra Di Marzio. “E’ l’unica persona – spiega l’ex centrocampista agrandhotelcalciomercato.com – che ricordo con affetto nel mondo del calcio. Ha segnato la mia carriera grazie ai suoi consigli, con il suo modo di fare e con le sue battute. Mi ha trasmesso la sua determinazione”. Di Marzio vede del potenziale in Vanni Chiarotto e convince addirittura il West Browmich a tesserare il centrocampista.
“Mi ha portato lui in Inghilterra – spiega Chiarotto -e addirittura prima di partire, veniva a Veggiano e facevamo allenamento nel campo parrocchiale: io e lui, voleva vedere se mi ero mantenuto in forma. La squadra in quel momento stava lottando per tornare in Premier League. Dopo le prime partite le cose stavano andando molto bene, ma alla fine sono stato lì solo quattro mesi. Abitavo in un albergo fuori Birmingham, mi sentivo solo, avevo 19 anni, così ho deciso di tornare in Italia”.
Il ritorno in patria si rivelerà più difficile del previsto. “Sono rimasto tra C1 e C2 e probabilmente ho fatto la carriera che meritavo di fare. Sono convinto che, a parità di talento, quello che fa la differenza è il carattere: la mia testa non era pronta. A Padova ho giocato con De Zerbi, Barone e Iaquinta, ma a dir la verità non sono rimasto in contatto con loro. Quasi con nessuno dei miei compagni più famosi, ecco. Ea 30 anni, ho detto basta perché avevo perso le motivazioni”.
Ritrovate per avviare una carriera da procuratore. “Le cose – ci racconta – stavano andando subito per il meglio. Ero vicino ad Acerbi ed Eusebio Di Francesco, sfiorando la procura anche di Moise Kean. L’attuale attaccante della Juve aveva 14 anni: con l’aiuto di un allenatore che conoscevo, avevo parlato con la famiglia ed ero praticamente riuscito a prenderlo, quanto meno a parole. Si vedeva già che aveva talento, perché faceva tre gol a partita in quel periodo: poi è arrivato Mino Raiola e lo ha preso in tre secondi. Ho capito che non era il mio mondo”.
Una valigia piena di illusioni e via verso l’America, solo con i propri pensieri e le ambizioni di sfondare nel mondo delle case. “Decido di partire e andare a New York per due mesi, in una sorta di viaggio meditativo. Avevo voglia di respirare aria nuova. Nella città della Grande Mela, incontro dei ragazzi italiani che prendono appartamenti in affitto, li arredano e li subaffittano ad altre persone. Quest’attività mi fa scattare qualcosa e mi chiedo: ‘Perché non comincio a farlo anche io in Italia, però comprandoli?’”.
E’ un salto nel vuoto per Vanni Chiarotto. “Torno a Milano, dove mi ero comprato un piccoloappartamento con i soldi guadagnati giocando a calcio. Decido di venderlo, insieme alla macchina, ma il denaro non bastava e mi faccio fare un prestito da un amico. Così inizia la mia attività imprenditoriale, prendendo spunto da una passione, quella dell’arredamento, che avevo fin da bambino. Ho così acquistato due appartamenti da 150 mq ciascuno e li ho divisi, creando 5 unità abitative. E’ nato tutto così, da quel momento ho sempre moltiplicato gli investimenti: nel 2021 sono arrivato a più di 50 appartamenti comprati, ristrutturati e poi venduti in un solo anno”.
Un simile lavoro richiederebbe l’aiuto di uno staff ad hoc: Chiarotto, invece, è autonomo nella sua attività. “Mi avvalgo di architetti che mi presentano le pratiche in Comune. Per il resto, sono autosufficiente: divido gli spazi e arredo le case a mio piacimento, seguendo il gusto personale e scegliendomi i materiali. Anche i disegni sono miei: l’architetto fa dei rilievi, ma poi decido io come strutturare gli interni. Per individuare la casa, invece, effettuo delle ricerche attraverso l’uso di mappe, piantine e foto. Già dalla zona della città comprendo il potenziale dell’appartamento. Poi la vado a vedere e se mi piace faccio una proposta d’acquisto”.
Nel mondo del calcio, sarebbe un Talent Scout: un osservatore che studia il giocatore in video, poi va sul posto per esserne definitivamente convinto e decide di puntare su di lui quando è certo del suo talento. “Ho avuto sempre – spiega – una grande ambizione. Purtroppo nel calcio non sono riuscito a farcela, mi sono fermato e poi subito posto degli obiettivi altissimi: è stato un salto nel vuoto, ho rischiato di perdere tutto”.
I primi tempi, infatti, non sono stati facili. “Dopo aver venduto l’auto – ricorda Chiarotto – giravo per i cantieri a piedi, l’ho fatto per almeno 6-7 mesi. Passavo intere nottate davanti al computer per studiare il mercato e per specializzarmi. Arrivavo a conoscermi quasi tutte le case di Milano da ristrutturare: non potevo sbagliare. La mia famiglia, poi, era molto spaventata e la frase più gettonata “Non è meglio se ti trovi un lavoro con uno stipendio fisso?’ era figlia di mille ansie e paure: pensavano che, in una grande città, potessi incontrare qualcuno che mi ingannasse”. Adesso però sono più tranquilli. “Da poco – ci spiega – ho aperto una pagina Instagram (@vanni.chiarotto) e mi sono arrivate delle richieste per arredare appartamenti e negozi di moda. Preferisco, però, dedicarmi alle mie cose: voglio continuare a crescere e arrivare a progettare 100 appartamenti all’anno. Penso sia fattibile, si tratta solo di organizzare il lavoro. Ovviamente nei cantieri sono presenti sempre architetti e direttori dei lavori, per coordinare le imprese”.
Vanni vive nel quartiere di City Life, a Milano. Nel tempo libero, ama staccare la spina e trascorrere le giornate sulle Dolomiti, nella sua casa di Madonna di Campiglio. “Sono cresciuto in campagna – spiega – e mi piace stare in mezzo alla natura”.
Chiarotto da qualche tempo ha investito in questa attività imprenditoriale anche in Spagna, insieme ad un socio noto nel mondo dello sport: parliamo dell’ex pilota Sete Gibernau, uno dei grandi rivali nella carriera di Valentino Rossi in giro per le piste di tutto il mondo. “Lo conosco da 15 anni: siamo amici – dice Vanni – e abbiamo condiviso tante vacanze insieme. Quando ho cominciato, si è innamorato di quello che stavo facendo e abbiamo deciso di iniziare a sviluppare gli affari anche a Barcellona. Abbiamo aperto una società insieme, la Sevan House sl. Portiamo il mio stesso stile italiano in Catalogna”. Sevan, che rappresenta l’unione dei nomi dei due soci: Sete e Vanni.
L’incredibile storia di Chiarotto è un esempio di come, seguendo le proprie passioni con determinazione, ambizione e voglia di emergere, si possono realizzare grandi cose e in poco tempo. Vanni ce l’ha fatta: voleva diventare un calciatore di successo, ma ha saputo reinventarsi e seguire un altro suo grande interesse, quello dell’arredamento. Chi osa e crede in quello che insegue, anche a costo di perdere tutto, alla fine vince sempre.
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