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«In sede all’Inter solo per firmare!», a tutto Vasco Faisca: oggi allena il Braga B e sogna l’Italia

E’ il calciatore portoghese con più stagioni in Italia e oggi allena in Portogallo con il sogno di tornare in Italia. Con vista Serie A. Via gli scarpini, Vasco Faisca, ex difensore tra le altre di Ascoli, Padova e Vicenza si presenta ai nostri occhi in tuta e va dritto a bordocampo ad allenare i ragazzini del Braga B. «Credo fermamente che il vostro paese sia nel mio destino, anche adesso che non gioco più ma faccio l’allenatore. Farò di tutto perché accada, mi sto impegnando duramente anche per questo». Ok la tuta ma, nel caso, valuterebbe un cambio di look. «Chiaro, mi presenterei in giacca e cravatta». Eleganza, personalità e carisma, ma senza mai alzare la voce con tono aggressivo. No tatuaggi, no fronzoli. Tale e quale rispetto a quando giocava. Il motto è uno solo e la scaramanzia non c’entra un bel niente, anzi a lui fa proprio ridere: «La qualità del lavoro paga sempre». Meglio.

 


 

Passiamo alle presentazioni ufficiali. «Sono l’allenatore che avrei voluto avere quando giocavo. Sincero, schietto, diretto, mi piace il dialogo, voglio risolvere i problemi a quattr’occhi, la porta del mio ufficio è sempre aperta a tutti. Cerco semplicemente di essere me stesso, alla lunga paga sempre.» In campo? «Sono offensivo ma senza rischiare eccessivamente in difesa. Come in tutte le cose, serve equilibrio. Da buon portoghese prediligo il palleggio ma non fine a se stesso, deve essere efficace. Tra l’esperienza all’Olhanense e il Braga B sono stato spesso, per parecchie giornate, e lo sono tutt’ora il miglior attacco di tutti i campionati professionisti Portogallo. Se dovessi citare due modelli italiani attuali a cui mi ispiro direi l’Atalanta di Gasperini e il Napoli di Sarri però il il top è Arrigo Sacchi e il suo Milan.»

Il modello. «Ho imparato tantissimo da Gaetano Auteri, allenatore che ho avuto a Matera in Serie C. Mi ha fatto credere che anche in Italia è possibile giocare un calcio offensivo e ottenere risultati».

 


 

Gli esordi. «Era da tanto che volevo diventare allenatore, precisamente dal 2004 quando ero a Vicenza con Iachini in panchina. Beppe mi ha trasmesso la scossa giusta, con lui ho capito quanto sia importante la figura dell’allenatore per una squadra, quanto possa influenzare certe dinamiche. Lì, per la prima volta, mi son detto ‘che bello, voglio anch’io’, perché credimi ne sono rimasto affascinanto. La persona che mi ha dato fiducia nel ruolo di allenatore in prima è stato il direttore sportivo Giuseppe Di Bari all’Olhanense. Gliene sarò sempre grato».

 


 

L’aneddoto di mercato è soprattutto uno, quando Vasco era giovane, appena arrivato in Italia dopo l’esperienza allo Sporting. Anni 2000. «All’Inter sono stato solo di passaggio! In sede, a Milano, sono andato solo per firmare il contratto poi sono passato in comproprietà al Vicenza. Ogni estate c’era la possibilità che io tornassi (per restare…) in nerazzurro ma alla fine nada. In una sessione di mercato sono stato vicinissimo all’Udinese di Spalletti». Acqua passata. Il futuro è in panchina, sognando l’Italia. 

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