“Il primo anno sono andati via tanti giocatori, gli offrivano dieci volte di più. Era la storia dell’Atalanta, poi anche qui è cambiato il target. I bilanci sono legge per la famiglia Percassi, non potranno mai comprare un giocatore a cinquanta milioni o fare certi contratti”.
Tuonava così Gian Piero Gasperini, nei giorni caldi di una primavera che sembrava annunciare lo sconvolgimento più grande della storia del calcio con l’annuncio della Superlega. Mettendo di fronte i due fatti più importanti in casa Atalanta, ovvero la sacralità nel rispettare i bilanci, ma anche il cambiamento degli obiettivi dal suo arrivo.
Gasperini infatti ha fatto crescere una società intera, aiutato dal sapiente lavoro della dirigenza, trasformando l’Atalanta in una vera e propria macchina da guerra. Cambiando la mentalità dei giocatori che prima lottavano a metà classifica, trasformandoli in navigati conoscitori della Champions League. Gasp lo ha anche detto d’altronde, “ormai andiamo con il pilota automatico”. In campo e fuori.
Perché se giustamente si applaude il lavoro fondamentale dell’allenatore, dietro ad esso c’è il silenzioso ma visionario progetto della famiglia Percassi, che ha saputo capitalizzare i vari momenti dell’era Gasperini. Sia a livello economico, e i bilanci già citati ne sono la prova, sia a livello tecnico, come giocatori acquistati e risultati ottenuti. Tre qualificazioni in Champions League di fila dovrebbero bastare come esempio.
Già, i momenti. Perché se da un parte “nel primo anno sono andati via tanti giocatori perché gli offrivano dieci volte di più”, come dice giustamente chi ha coltivato quei talenti e se li è visti sfuggire sul più bello, dall’altra quelle plusvalenze iniziali sono servite come contenitore dal quale attingere nelle stagioni successive.
Quattro anni dopo le partenze di Conti, Kessié e Gagliardini per un totale vicino ai 75 milioni di euro, la lista degli acquisti più costosi nella storia dell’Atalanta si è letteralmente trasformata, per rendere disponibile all’allenatore una rosa di primissimo livello. Zapata, Muriel, de Roon, Pasalic, Miranchuk, Malinovski, Maehle. Pilastri della squadra arrivata terza nello scorso campionato e contemporaneamente i sette colpi più costosi di sempre per il club.
Ok, non si potranno spendere 50 milioni, ma gli investimenti importanti iniziano a salire e a diventare una sorta di nuova normalità. L’operazione per l’arrivo di Juan Musso ne è un esempio: 20 milioni per assicurarsi il portiere argentino dell’Udinese. Una cifra impensabile fino a qualche anno fa. Presto riassorbita in parte grazie alla partenza di Gollini verso il Tottenham, giusto per dimostrare le capacità della società.
Il progetto infatti è condiviso, per cercare di fare un ulteriore step verso l’alto. Gasperini spesso tergiversa quando gli viene chiesto se “l’Atalanta è pronta per lottare per lo scudetto”, anche se in cuor suo spera che il momento nel quale rispondere “Sì” arrivi presto.
Il mercato d’altronde dimostra come l’Atalanta si stia rinforzando a livello di rosa: oltre a Musso sono arrivati Pezzella come vice Gosens e Lovato (qui il retroscena sul suo arrivo) in difesa per ampliare il reparto. In attesa di capire il futuro di Romero, per cui il Tottenham ha offerto più di 50 milioni, ma la trattativa è rallentata bruscamente nelle ultime ore.
La squadra di Gasperini in caso di partenza dell’argentino ha già messo nel mirino tre nomi fra i possibili sostituti: Demiral, Luiz Felipe e Tomiyasu, mentre Botman del Lille è un discorso più complesso. Cosa hanno in comune questi giocatori? L’età, nessuno supera i 25 anni. Ennesima dimostrazione che la società punta ai giovani, già formati, per farli esplodere definitivamente.
La Serie A dunque è avvisata, l’Atalanta fa davvero sul serio ora. Il livello del campionato potrebbe alzarsi, ma da Bergamo un segnale chiaro è stato lanciato sul mercato: la squadra non si accontenterà dei risultati raggiunti. Ad maiora, Dea.
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