Che il calciomercato debba stare attento ai soldi, lo abbiamo detto e ridetto. Quest’anno, poi, il bilancio è, se possibile, ancora più importante. Debiti, mancati incassi, minusvalenze stanno mettendo in ginocchio molte società, che devono essere abili a muoversi tra indicatori di liquidità e affini. E questo lo sappiamo. Ma il mercato sta cambiando, ancora. Un po’ per necessità, un po’ per incentivi che, secondo molti addetti ai lavori, aiutano ma anche penalizzano.
Una categoria di giocatori viene colpita, quella degli italiani. Questione di incentivi, appunto, come quelli che hanno permesso di portare in Italia Cristiano Ronaldo ormai tre anni fa: il famoso decreto crescita. Che se da un lato porta campioni, dall’altro spinge anche a fare ancora più scommesse sui campionati esteri. Chiedere al Venezia, per esempio, per avere conferma.
In questa prime fasi di calciomercato, la statistica è chiara: le operazioni nuove (quindi non i rientri dai prestiti o i riscatti) sono state diciotto. Nove per giocatori italiani, nove per stranieri, a cui si dovranno aggiungere molto presto i nomi di Rui Patricio e Giroud, che hanno già fatto i bagagli con destinazione Roma e Milan. Oltre la metà delle trattative per ora concluse, di fatto, sono dall’estero. Mica poco.
E poi c’è un altro problema, quello delle fideiussioni. Per chi non lo sapesse: si tratta delle garanzie bancarie che permettono alle società di poter procedere con i pagamenti, che per la compravendita dei cartellini sono sempre molto alti. Esiste un sistema specifico per la rateizzazione dei pagamenti (la cosiddetta dilazione), ma è da specificare il fatto che la fideiussione sia obbligatoria tra i club italiani: una società A che compra da una società B in Italia, deve chiedere alla Lega Calcio, pagandola, una fideiussione che possa permettere di frazionare il pagamento fino a un massimo di 5 anni.
È un sistema a tutela di chi vende, certo, ma è anche un vincolo importante e oneroso per chi compra, che invece è più libero di muoversi in caso di operazioni con l’estero. Sono in tanti, tra agenti e dirigenti, a spingere affinché anche questo aspetto del calcio venga riformato, non per forza eliminando i costi dall’Italia, ma per lo meno rendendo più equa una trattativa tra giocatori italiani (o che giocano nei nostri campionati) e stranieri. Un problema serio, che il calciomercato sta vivendo. E che le società, prima o poi, dovranno affrontare con grande attenzione.
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