Il viaggio nel passato di Collovati: “Baresi era già un difensore del futuro. Nel 1982 non ci rispettavano: ancora più bello vincere il Mondiale”

Code infinite di macchine che festeggiano e il tricolore che sventola in aria in tutti i balconi d’Italia, tra suoni di clacson e l’Inno di Mameli che rimbomba nelle strade: l’11 luglio 1982 il mondo sembrava essersi improvvisamente fermato. Un popolo intero che scende in strada per festeggiare la vittoria di un Mondiale. Il resto, in quelle 24 ore, era passato in secondo piano. Quarant’anni fa l’Italia alzava al cielo la sua terza coppa del mondo. Ma quell’estate non è stata tutta rose e fiori: “All’inizio la gente non ci rispettava. Vincere alla fine è stato più bello anche per questo motivo”. A parlare è Fulvio Collovati, ex difensore e uno degli eroi di quella storica Nazionale.

La Nazionale del passato e del presente
Il Mondiale della rinascita: quello del 1982 è stato più di un semplice trionfo. L’Italia che torna sul tetto del mondo dopo 44 anni dall’ultima volta e la rivincita di un gruppo partito a inizio estate tra le critiche: “Siamo partiti tra molto scetticismo. La prospettiva di poter vincere è arrivata dopo la partita contro l’Argentina, mentre la convinzione dopo aver battuto il Brasile. All’inizio abbiamo fatto fatica ed erano arrivate anche delle critiche ingiuste” racconta Collovati ai microfoni di grandhotelcalciomercato.com.
Dalla tripletta di Paolo Rossi contro il Brasile all’urlo di Tardelli dopo il gol in finale. La vittoria di quell’anno resta forse la più iconica nella storia della nazionale azzurra. Soprattutto se si pensa alle squadre affrontate in quella memorabile edizione: “C’era il Brasile di Zico, la Germania di Rummenigge. Era un’altra epoca rispetto alle Nazionali di oggi”.

Quell’11 luglio ha fatto sognare milioni di italiani: un 3-1 netto in finale contro la Germania dell’Ovest con le firme di Rossi, Tardelli e Altobelli. Gli azzurri diventano così campioni del mondo per la terza volta nella storia.
Un’altra Italia rispetto a quella del presente, la quale salterà il Mondiale per la seconda volta consecutiva. Una catastrofe sportiva e non solo. Ancora più dolorosa se si pensa a dove eravamo l’estate passata: “Lo scorso anno eravamo campioni d’Europa, la mancata qualificazione non credo sia frutto della personalità. Non siamo stati fortunati, però questa è una generazione che ha pochi difensori e pochi attaccanti”.
Collovati e il Milan: tra ricordi e similitudini con la squadra di Pioli
Con quella azzurra ma anche con quella rossonera, Collovati ha scritto pagine importanti della storia del Milan: “Il momento più felice? L’esordio in Serie A a 19 anni nel 1976 e poi la stella che abbiamo conquistato nel 1979”.

Le vittorie sul campo ma anche la fortuna di condividere lo spogliatoio con delle leggende. Da Zoff a Rossi, passando per Baresi: “A quell’epoca è stato uno dei migliori difensori al mondo. Ha avuto la ‘sfortuna’ di trovare davanti a sé Gaetano Scirea. Quarant’anni fa erano il prospetto di due giocatori moderni. Ho giocato sei anni con Franco ed era uno che andava avanti e impostava l’azione, come un difensore del presente”.
Leader in campo ma una persona estremamente tranquilla nella vita di tutti i giorni: “Sono stato sei anni in stanza con Baresi, era un tipo molto silenzioso. Si riusciva a trasformare in campo: parlava e guidava la squadra. Fuori l’opposto. Era come Scirea, erano due personaggi timidi fuori ma di grande personalità nel guidare la fase difensiva”.

Collovati sa cosa significa indossare la maglia del Milan. Sentire addosso la responsabilità di portare avanti una storia vincente. La scorsa stagione i rossoneri sono tornati sul tetto d’Italia a distanza di undici anni dall’ultima volta: “In questi giorni si è parlato di similitudini tra questa squadra e la nostra. Il Milan del presente gioca un calcio aggressivo e totale e ci sono delle somiglianze con la squadra del 1978/79. Avevamo Maldera che era un po’ come Theo Hernandez: fece 11 gol da terzino sinistro. Io ero un po’ come Calabria. Poi sono stato adattato a fare lo stopper. Non eravamo dei ‘catenacciari’ come molti ci definiscono. Giocavamo un calcio propositivo e moderno”.
La freschezza e il talento di De Ketelaere e l’esperienza di Origi, il Milan ha tutte le carte in regola per vincere ancora. Una squadra giovane e con margini di miglioramento sempre più ampi: “Il Milan può ripetersi perché ha acquisito la mentalità giusta e questo è merito di Pioli. Lo scorso anno ha dimostrato di poter sopperire a cessioni pesanti come Donnarumma grazie alla capacità del settore dirigenziale. Poi hanno fatto un gran mercato, hanno preso Origi ma anche giocatori di prospettiva come De Ketelaere. Ormai il Milan è una certezza, ma sappiamo che il nostro campionato sta andando sempre più verso l’equilibrio. Ripetersi è difficile ma è la squadra da battere”.
La semifinale di Coppa Uefa con il Genoa
Altra maglia e altra firma indelebile nella storia di un club. Dopo Milan, Inter, Udinese e Roma, nel 1989 Collovati passa al Genoa: qui raggiungerà la semifinale di Coppa Uefa: “Sono stati gli ultimi cinque anni della mia carriera, intensi e davvero belli. Siamo arrivati tra le prime quattro insieme alla Sampdoria. Raggiungemmo la semifinale di Coppa Uefa dopo aver espugnato Anfield Road, fummo la prima squadra italiana a riuscirci”.
“Una della più belle soddisfazioni a livello personale della mia vita. Era un Liverpool che aveva appena vinto la Premier League con una squadra fortissima, c’era anche Ian Rush. Noi con una grande prestazione e due gol di Aguilera espugnammo Anfield. Il rammarico c’è stato dopo, quando non riuscimmo a battere l’Ajax”.

Una carriera ricca di soddisfazioni. L’onore di aver condiviso lo spogliatoio con delle leggende e la consapevolezza di essere stato parte di un gruppo che ha reso felici milioni di persone. Quell’11 luglio è passato ormai da 40 anni, ma tutti gli italiani lo ricordano come se fosse ieri: chiedere conferma a Collovati.