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Spy Story Di Michele: come ha salvato la Salernitana dal fallimento

Una cessione per salvare una squadra, poco tempo per chiudere l’operazione, un appuntamento alle 3.30 di notte. Sembra quasi una spy story, di quelle che vediamo al cinema: ma il calciomercato, come intrighi, non è davvero secondo a nessuno. “O vendiamo Di Michele, o la Salernitana fallisce”: non sono certo facili quei giorni del 2001 per il presidente Aliberti e il suo Ds, Cannella, alla ricerca disperata di fondi per salvare la squadra. Il campionato di Serie B si è concluso in maniera complicata, ma i talenti, quelli veri, in rosa ci sono eccome. E poi c’è lui: quel giocatore di Guidonia che a 25 anni è pronto per il grande salto.

“Una bella responsabilità”

Nonostante la categoria, David Di Michele è un nome sulla bocca di tutti. A casa sua, in primavera, c’è un via vai di agenti che si contendono la procura, offrendogli prospettive calcistiche importanti e ingaggi non da meno. A farcela è Stefano Antonelli (vi ricordate la storia di Inler?): “Ora hai una bella responsabilità”, gli dice scherzando l’attaccante. Scherzo mica tanto: un giocatore così deve giocare in Serie A ad alti livelli. E soprattutto salvare la Salernitana.

Il tempo è poco: i campani hanno bisogno delle adeguate garanzie economiche per non dichiarare bancarotta e permettere alla squadra di iscriversi al campionato, e c’è tempo fino ai primi giorni d’agosto per non alzare bandiera bianca. “O la chiudiamo, o falliamo”, continuano a ripetersi allarmati Aliberti e Cannella, che intanto hanno trovato un’intesa di massima con Gino Pozzo per un trasferimento all’Udinese: 24 miliardi sul piatto ma tanti incastri da raggiungere. E si arriva a inizio agosto, negli ultimi giorni utili per chiudere la trattativa.

 


La Salernitana chiama d’urgenza Antonelli, in Sardegna, e Di Michele, in ritiro in Austria con la squadra: “Ci servite a Udine subito, ci aspettano per firmare”. Antonelli prende il primo volo e alle 3.30 di notte è a Milano, al Westin Palace, per definire i dettagli della trattativa. Quindi, il giorno dopo, si mette in viaggio con i dirigenti granata per arrivare in Friuli. L’appuntamento è alle 20.30 nella sede dei bianconeri: “Noi siamo pronti a chiuderlo, ma dobbiamo discutere del cartellino di Mauro Esposito. Ve lo ricordate “Ciccio”? A Cagliari questo attaccante è diventato un’istituzione (214 partite e 65 gol dal 2001 al 2007), poi è stato anche alla Roma e ha giocato in Nazionale. Ecco, è uno dei giovani talenti che l’Udinese vuole prestare, per farlo crescere con calma.

L’affaire Esposito

Il problema è che Esposito alla Salernitana non interessa molto, e accollarsi anche solo un ingaggio in più, per un giocatore nemmeno troppo desiderato, è davvero da pazzi. Si discute e discute ancora. Verso le 22 si trova l’accordo: Di Michele si sarebbe trasferito per 24 miliardi di lire in Friuli; a quei soldi si deve aggiungere la metà di Esposito per cui, però, l’Udinese avrebbe dovuto mantenere i diritti sportivi (non a caso, a settembre di quell’anno, Ciccio si trasferisce in prestito a proprio al Cagliari, allora in Serie B).

 


E le firme? Di Michele ed Esposito sono in ritiro in Austria. Sono già stati allertati, e dalle 21 si fiondano in macchina per andare a Udine, dove arrivano alle 23.30. Intanto, il papà di David da Guidonia si precipita a Salerno, dove il segretario del club ha preparato gli assegni con tutti gli arretrati che devono essere incassati (condizione fondamentale per definire il trasferimento). “Assegni presi?”. “”. “Bene, allora possiamo firmare”. Spy story a chi?

 


Quasi verso mezzanotte, a pochi minuti dal limite ultimo, si conclude tutto. La Salernitana è salva, anche se si trova costretta a salutare Re David. Il primo anno a Udine è discreto, ma i soli 5 gol segnati portano la dirigenza a maturare la decisione di prestarlo per due anni alla Reggina, dove fa benissimo. Quindi, il ritorno in Friuli per diventare protagonista e ritrovarsi arricchito da numerosi bonus grazie alla conquista delle competizioni europee, concordati già in quella pazza notte dell’agosto 2001. Un bell’epilogo, insomma. Per tutti. Anzi, fosse un film diremmo: “Lieto fine”. Non ci allontaniamo di molto.

Valentino Della Casa

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