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L’unicità di Santacroce: “Dovevo fare l’attore, poi…”

Non tutto è chiaro fin da subito. Lo sa bene Fabiano Santacroce, che da bambino irrequieto e talentuoso, ha alternato il calcio “la mia grande passione. Ancora oggi, quando vedo una palla rotolare ho voglia di correre e andare a prenderla” al judo e al nuoto.

I genitori di quel bambino, nato in Brasile e cresciuto in Italia fin da piccolissimo, non sapevano più cosa fare per gestirlo: “Mi hanno iscritto in un’agenzia pubblicitaria, alternavo lo sport agli spot e ad alcuni film da comparsa. Me la cavavo anche bene, ho recitato in una pubblicità insieme a Baresi e ai giocatori della Nazionale, era un mondo che mi piaceva. Ho fatto un video musicale con Zucchero e l’attore in alcuni film. Ma Il calcio è sempre stato al primo posto, sceglierlo non fu difficile” ci racconta in esclusiva

Quando una sconfitta ti cambia la vita

Un viaggio nel pallone che inizia dal calcio dilettantistico lombardo, dal Brugherio al Bellusco: “La grande occasione arrivò con il Como, che incontrai da avversario in un torneo quando avevo 15 anni. Tutti i giocatori della loro squadra erano più giovani di almeno un anno, ma non abbiamo visto palla e perdemmo 6-0. Nonostante questo fui il migliore in campo e i loro osservatori, che già mi tenevano d’occhio, non ebbero più dubbi e mi portarono da loro. Arrivato in prima squadra poi, ho avuto «fortuna nella sfortuna», il fallimento della società mi ha dato la possibilità di giocare in Serie C e mettermi in mostra”.

Infatti dopo una sola annata fra i professionisti, arriva la chiamata del Brescia e una nuova avventura: “Mi trovai molto bene in squadra. Anche se all’inizio faticai a trovare spazio, continuai ad allenarmi duramente per sperare di entrare nelle rotazioni”.

Tale possibilità coincide al primo incontro con un grande allenatore, Carlo Ancelotti e il suo Milan: “La squadra fece male nell’andata degli ottavi di Coppa Italia, così l’allenatore decise di dare una chance ai più giovani nella gara di ritorno e io non la sprecai. Perdemmo 2-1 e fa strano dirlo, ma feci un’altra grande partita. Da quel momento iniziai a giocare con continuità”.  


Santacroce: fra la famiglia di Brescia e la corsa a Napoli

La crescita è graduale, ma evidente e dopo una stagione e mezza da titolare arriva la chiamata del Napoli nel gennaio del 2008. Un vero e proprio fulmine a ciel sereno: “Finalmente mi ero ambientato a Brescia, con la società e i compagni, eravamo una vera e propria famiglia. Sapevo di squadre interessate a me in quel periodo, ma non c’era niente di concreto.

Poi un giorno, mentre ci stiamo allenando in palestra, arriva di corsa il team manager: «Fai la doccia, che devi andare a Milano a firmare con il Napoli, domani ti vogliono già da loro». Confuso e un po’ preoccupato, ho obbedito. Presi la mia Smart e andai di corsa nei loro uffici per cogliere l’opportunità”.

Un altro amore a fuoco lento, quello fra Santacroce e Napoli, che carbura solo con il tempo: “Era il 2008 e non ero mai stato a Napoli. Sentivo solo parlarne male nei telegiornali: era descritta come la città della spazzatura e del degrado. Una volta arrivato però, mi bastarono due giorni per ambientarmi e capire la splendida città che fosse, un luogo che ancora oggi chiamo casa”. 

“Guardiola venne a vedermi, ma non lo sapevo!”

È un momento importante della carriera del difensore, fra buone prestazioni e l’esordio in Europa con il club. Ma anche di una sorpresa di mercato, insieme al ritrovato compagno dei tempi di Brescia, Marek Hamšík: “Scoprii che Pep Guardiola era venuto al San Paolo a vedere me e Marek in una partita di campionato”.

L’allenatore più influente al mondo, all’epoca alla guida del Barcellona, era interessato a lui: “La cosa brutta è che lo venni a sapere solo dopo, altrimenti mi sarei preparato in qualche modo, qualcosa avrei fatto! Quel giorno, tra l’altro, mi ricordo di aver giocato male e mi mangio ancora le mani…”  


Per Santacroce comunque le soddisfazioni non mancano anche nel periodo successivo: nel 2011, dopo 3 stagioni e mezzo al Napoli, passa al Parma, dove disputerà altri tre campionati di Serie A. Nel 2020, il ritiro coincide con nuove ambizioni: la carriera da procuratore sportivo.

All’inizio non è stato facile. Nei primi incontri, io e il mio socio abbiamo faticato a parlare con i direttori sportivi. Ma adesso stiamo iniziando a fare esperienza nel modo giusto”.

Fabiano ride e mi dà ragione, quando paragono questo inizio in salita a quel 6-0 subito dal Como. È proprio vero, dalle difficoltà si cresce, per conferma chiedere a Fabiano Santacroce.

Paolo Borella

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Paolo Borella

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