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Il passato in Italia e la vita da procuratore, Siqueira: “Lavoro per cambiare la mentalità dei ragazzi brasiliani”

Lavorare con i giovani, con l’obiettivo di formare gli uomini e i calciatori del domani in un contesto pieno di difficoltà come quello brasiliano. Una sfida, quella raccolta da Guilherme Siqueira dopo essersi ritirato dal calcio giocato nel 2018. “La mia soddisfazione sta nel poter cambiare la mentalità dei ragazzi, al di là dei trasferimenti e dei soldi” ci racconta.

 


 

L’arrivo in Italia

D’altronde Siqueira sa bene cosa significa lasciare il Brasile per inseguire il proprio sogno, quello di diventare calciatore. È il 2004 quando, non ancora maggiorenne, sbarca in Italia: “Non ero da solo, ero insieme ad altri sei ragazzi”. Tutti destinati all’Inter? “Macché, dovevamo andare a Brescia – racconta Siqueira – Ma appena arrivai a Malpensa c’era Gabriele Tubaldo che mi disse che io sarei andato all’Inter, gli altri a Brescia”.

Momenti in cui l’ex terzino brasiliano vive sentimenti contrastanti: “Ero felice, ma al tempo stesso spaventato – spiega – Non parlavo italiano, non avevo nessun amico lì e c’era un freddo incredibile”. Il sogno di diventare professionista, però, prevale su tutto: “La voglia di diventare calciatore era più forte. Ho passato delle difficoltà, ma poi ho raccolto delle soddisfazioni”.

 Difficoltà non solo fuori, ma anche dentro il campo: colpa di quella caviglia che, già da bambino, diventa la croce e delizia della sua carriera. “Mi sono fatto male prima di prendere il passaporto, l’Inter poteva anche rimandarmi in Brasile – ammette Siqueira – Invece Moratti, all’epoca, si è comportato benissimo con me. Presi il passaporto il 28 agosto, tre giorni prima della chiusura del calciomercato. Ho firmato con l’Inter e ho fatto tutto il recupero con la squadra”.

 


 

L’esordio in Serie A arriva il 10 settembre 2006, ma lontano da Milano. Siqueira passa in comproprietà all’Udinese e Giovanni Galeone, alla prima di campionato, lo manda in campo contro il Messina: “Non me l’aspettavo – ammette – A Udine ho raccolto delle belle soddisfazioni perché ho giocato e imparato tanto”. Quasi sette anni in Italia: dall’Inter alla Lazio, passando per Udinese e Ancona. “In Italia ho imparato tanto. In quegli anni la Serie A era calcio vero, c’erano giocatori straordinari. Ho imparato la parte fisica e tattica. Se in Spagna ho fatto bene è merito di quanto ho appreso in Italia. Il Siqueira in Spagna, però, non era quello visto in Italia. Ho giocato a un livello abbastanza alto che non ho espresso in Italia, ma in quei sette anni ho imparato tanto”.

Estate 2015: la Juve e la telefonata di Ausilio

L’Italia poteva tornare nel destino di Siqueira nell’estate 2015, quando la Juventus si era mossa concretamente con l’Atletico Madrid: “Stavo già cercando casa a Torino – ammette- Siamo stati abbastanza vicini, mi sentivo già della Juventus e sono rimasto sorpreso”. Si perché la Juventus, alla fine, sbloccò la trattativa per Alex Sandro: “Mi hanno spiegato che era l’ultimo anno di Evra, avrei formato con lui la coppia a sinistra – racconta Siqueira – Poi, l’anno successivo, sarebbe arrivato Alex Sandro a parametro zero. Dopo non so cosa sia successo e hanno pagato per il suo cartellino. Quando mi hanno chiamato sapevo che ero la seconda opzione.

 


 

Ecco che allora si apre un’altra strada, quella del ritorno all’Inter: “Conosco bene Piero Ausilio, quando arrivai in Italia era il responsabile del settore giovanile dell’Inter – racconta Siqueira – Dopo che la trattativa con la Juventus non era andata in porto mi chiama e mi dice: ‘Sique, ti vogliamo qua’. Io ero consentissimo visto il mio passato in nerazzurro, m alla fine presero Alex Telles”.

La nuova vita da procuratore

È una vita diversa” racconta Siqueira che, dopo il ritiro nel 2018, è tornato in Brasile nella sua Florianopolis, al fianco della moglie e del figlio di 5 anni. Qui diventa socio dell’agenzia che deteneva la sua procura, la You First:Volevano aprire un ufficio in Brasile, mi chiesero di diventare un loro socio. Io avevo un ottimo rapporto con Savio Bortolini, ex centrocampista di Real Madrid e Flamengo, che lavorava già nel calcio brasiliano. Gli chiesi se avesse voglia di stare con me per questo lavoro e accettò”.

 


 

La prima operazione è con un amico più che un assistito: Filipe Luis al Flamengo.Con Filipe ci conosciamo da quando abbiamo 13 anni, giocavamo insieme al Figueirense – racconta – Quando andai in Italia, gli creai un rapporto con Mino Raiola che lo portò all’Ajax. In Spagna abbiamo giocato contro, poi quando lui andò al Chelsea e mi chiamò e mi disse: ‘Sique, vedi che qui all’Atletico ti voglio’. Presi il suo posto e adesso sono il suo procuratore.

Il lavoro principale di Siqueira e Savio Bortolini, però, è incentrato sui giovani. Quei ragazzi di talento che, come loro, sognano un giorno di poter volare in Europa: “Qui è diverso perché i ragazzi già da piccoli cercano di essere dei professionisti per aiutare la propria famiglia, vedono nel calcio una fonte di sostentamento. È un problema perché questi ragazzi dovrebbero essere tranquilli per giocare a calcio e, alla fine, non lo sono”.

 


 

Qui da procuratore si passa a “padre, madre e psicologo”: “Facciamo tutto perché questi ragazzi non hanno una struttura familiare solida, è un po’ più difficile. In Europa, con i giovani, si parla solo di calcio, mentre in Brasile devi parlare di altro – conclude – Io e Savio cerchiamo di far capire ai ragazzi il cammino giusto grazie alla nostra esperienza”. Tanti giovani in rampa di lancio, pronti a inseguire la strada verso l’Europa con i consigli di Siqueira.

Giovanni Mazzola

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