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Matteo
Moretto

Dallo scudetto con Totti e Bati a Mou e Buffon: i retroscena di Amelia
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Il telefono s’illumina, le notifiche piovono. Il nome della chat non possiamo svelarvela ma al suo interno ci sono tutti i calciatori che 20 anni fa anno vinto lo scudetto con la Roma. Allenatore: Fabio Capello. “Tra pochissimo ci vediamo, qui a Roma, per stare un po’ insieme e ricordare quell’annata”. Strepitosa. Marco Amelia era giovanissimo e faceva il terzo dietro Antonioli e Lupatelli. “Eravamo un gruppo vero di persone mentalizzate, affamate, vincenti. Il più simpatico? Direi Francesco Totti, ma anche Candela e Delvecchio erano uno spasso. Passarci anche solo dieci minuti era una meraviglia. Siamo stati squadra dall’inizio alla fine, e nei momenti di difficoltà è contato tantissimo”.

Batistuta, un bombardiere. "Tirava delle cannonate anche in allenamento. Spesso in una palla a metà io mi buttavo sui piedi, in attacco, e generalmente mi ritrovato con lui che si presentava davanti a me con una forza incredibile… anche Balbo a 35 anni faceva la differenza. Da romano, nato e cresciuto nel settore giovanile della Roma, è stata una stagione entusiasmante, mi viene la pelle d’oca ancora oggi, a vent’anni di distanza. Ma le emozioni forti le tengo per quando rivedrò i miei ex compagni”.  

Dal discorso, nasce una riflessione. Vincere uno scudetto in un periodo in cui i social non esistevano. “La differenza più grande? A quel tempo si viveva di più lo spogliatoio, era più semplice fare gruppo e restare compatti. Oggi il mondo è cambiato, i ragazzi vivono con gli occhi sugli smartphone, c’è meno condivisione nei momenti chiave del gruppo, è più complicato creare quel clima di unione e coesione. Da allenatore me ne sto accorgendo in prima persona, chi deve gestire un gruppo squadra oggi ha un problema in più da dover affrontare”.

 

Dalla Roma alla… Roma. Oggi, Marco, come staff del nuovo allenatore. Cosa c’è di vero sulle voci di un tuo ritorno in giallorosso e che rapporto hai con José Mourinho?

“Il rapporto con il mister è sempre stato cordiale e diretto, fin dai tempi in cui allenava in A. Ci siamo sentiti quando la notizia è stata ufficializzata, gli ho dato il benvenuto a Roma e inviato il classico “in bocca al lupo”, sicuramente sarà una bella sfida. Per quanto riguarda me, mi è stato fatto notare che il mio nome veniva accostato alla Roma sui giornali. Era insieme a quello di altri ex giallorossi, tra le varie ipotesi per lo staff: ci sta, fa parte del gioco, se non fosse che - essendo romano e cresciuto nel vivaio giallorosso - sul mio telefono sono arrivati più di 1.000 messaggi tra amici, parenti, addetti ai lavori. Ma questo episodio non ha cambiato minimamente il lavoro impostato da settimane con il mio agente Umberto Riva, ovvero monitorare le varie opportunità e proseguire ad allenare in Italia, ma anche all’estero, perché no…”.  

Quindi personalmente cosa vedi nel tuo futuro? Che tipo di percorso vorresti fare?

"Tre anni fa ho iniziato la carriera da allenatore, sono sempre rimasto focalizzato sul mio percorso di crescita, perché la strada è ancora lunga. Molti considerano la carriera da calciatore ad alti livelli un vantaggio, per me è semplicemente esperienza accumulata che torna utile quando cambi ruolo. Io credo fortemente nella formazione e nella gavetta: chi mi conosce sa che se fosse esistita la Serie Z avrei iniziato da quella. A questo punto del mio percorso, la Serie C può essere la dimensione giusta, ma la mia mente è aperta e valuterò con lucidità ogni proposta che riterremo interessante”

E il Livorno? Il tuo percorso potrebbe ripartire ancora da lì?

"Livorno per me è una seconda casa. Al momento c’è ancora incertezza sulla categoria di appartenenza per la prossima stagione, ma il rapporto con la dirigenza e la piazza è ottimo. Il lavoro fatto è stato riconosciuto e apprezzato da tutti. Come ho detto, la mia mente è aperta per valutare proposte serie e ambiziose”.   

A proposito di progetti seri e ambiziosi. Ecco il Parma di Krause. Che sarà il Parma di Buffon, ancora una volta. "E’ bellissimo. E’ romantico. E’ bello. Un valore aggiunto per il nostro calcio. Da parte di Gigi mi aspettavo una scelta di questo tipo, alla sua età lo capisco e condivido. Gigi è stato il più grande di tutti per 25 anni consecutivi di carriera, chiudere il cerchio in questo modo è meraviglioso. E poi ricordiamoci che ha fatto la differenza anche nel corso dell’ultima stagione con la maglia della Juventus quindi a livello tecnico è un colpo assoluto da parte del Parma. E’ impressionante come sia ancora sul pezzo a 43 anni. E’ ambizioso, ama ciò che fa. Lavora con passione e con voglia. Stupisce tutti ma non noi che lo conosciamo meglio".  

Un aneddoto che lega Marco a Gigi è sicuramente il Mondiale del 2006. Più che aneddoto, un pezzo di storia. "Le mie nove-dieci presenze con la maglia della Nazionale italiana valgono 100! Perché quando c’era Buffon giocava Buffon. Ovviamente. Mi fa piacere aver condiviso titoli così importanti con un campione così grande".

Da Gigi a Gigio, impeccabile anche nella sua seconda partita dell’Europeo contro la Svizzera. Ha ricevuto pochi tiri ma buoni. “Ha fatto un solo intervento penso, ma fatto bene… questo significa essere un grande portiere, avere una forza mentale fuori dal comune”. Amelia continua. “Gigi gioca da quando aveva 16 anni e non sente certe pressioni o comunque le sa gestire. Era consapevole del fatto che si sarebbe potuto ritrovare in una situazione di contratto tale, nel bel mezzo di voci di mercato proprio durante l'Europeo, ma ha avuto il tempo di metabolizzare. Sono convinto che la soluzione del PSG sia uno step ulteriore per la sua carriera.  

Sarebbe stato romantico vederlo sempre con la maglia del Milan addosso ma credo che la società rossonera abbia gestito bene la situazione, cautelandosi e acquistando Magnain, un portiere davvero forte". 

Dalla Nazionale maggiore ai talenti del futuro, uno sguardo all’U-21. Il portiere di proprietà dell’Atalanta, Carnesecchi, in vetrina. "Ho avuto il piacere di assistere al raduno pre Euro dei ragazzi di Nicolato e credimi, se dovessi scommettere su un solo giocatore di quella rosa direi proprio Carnesecchi. Ma non perché sono di parte, perché è portiere. Ho visto l’atteggiamento, il modo di fare, il modo di rapportarsi. A mio avviso è destinato a diventare tra i top in Italia. Mi auguro abbia la chance giusta in A. Se io allenassi una squadra di Serie A lo vorrei subito, non avrei problemi a farlo giocare come primo".

 

In chiusura, un pensiero a quello che è successo a Christian Eriksen, a cui auguriamo il meglio. Sempre. Quanto è importante la prontezza in questi casi? Anche, e soprattutto, dei calciatori. “Tantissimo. Grazie a quello che ha fatto Kjaer abbiamo capito ancora una volta di più che i calciatori sono i primi a poter intervenire sul campo e possono salvare vite. Io ho giocato con Simon a Palermo, lo conosco bene, non aggiungo altro su di lui. Io ti posso dire che sarei intervenuto allo stesso modo ma perché sono stato preparato per farlo. Dopo il caso Morosini l’AIC, di cui sono stato consigliere, ha organizzato corsi di primo soccorso su come comportarsi in certi tipi di situazioni di emergenza.  

Bisogna saperle fare determinate cose perché sennò si rischia di fare peggio. Abbiamo frequentato questi corsi, io sono stato uno dei primi nel 2012. Ci siamo resi conto che era un problema da affrontare. Eriksen è ancora tra noi grazie a questo. Lui, ma come tanti altri che non sono sui giornali. Bisogna essere pronti a intervenire, è un obbligo morale fare questi corsi. Tutto il blocco squadra dovrebbe saper intervenire".

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