Era un ragazzino alto e goffo, troppo per i vivai olandesi. È diventato un attaccante potente (ancora un po’ scoordinato, soprattutto dal dischetto) e tenace, così determinato da approdare in Bundesliga nel 2018, diventando una pedina fondamentale per il Wolfsburg. Oggi Wout gioca nel Besiktas.
Così trasparente e inquadrato da averne fatto un mantra: “Discipline, the one thing necessary to achieve any goal worth having”, queste le parole che riporta sui social network, dove “credi in te stesso” è diventato un messaggio per tutti quelli che ci provano ma trovano solo porte sbattute in faccia.
Wout Weghorst da bambino era ossessionato, quando iniziava a piovere lui rimaneva comunque nel suo campetto per godere della bellezza di quel momento, mentre suo padre lo definiva un pazzo. Il pallone gli servì per superare il dolore per il divorzio dei genitori: piangeva molto, si arrabbiava con se stesso, pretendeva sempre di più, dichiarando più volte di essersi sentito diverso dai suoi coetanei.
Wout Weghorst: i primi calci (da professionista) a 19 anni
Questa ambizione era direttamente proporzionale alla sua età: a 19 anni era ancora tra i dilettanti, si allenava comunque 7 giorni su 7, senza essere interessato alle feste nel weekend: “Giocavo nel campionato distrettuale, ma vivevo come un professionista”.
Il suo esordio in Eredivisie arrivò a 22 anni, con l’Heracles Almelo, dopo due anni disputati in seconda serie olandese con l’Emmen.
Poi il passaggio nell’AZ Alkmaar, dove segnò 35 reti, guizzo degno di nota per il Wolfsburg: i tedeschi decisero infatti di acquistare il gigante olandese (197 cm) per 10,5 milioni. Il suo passatempo preferito diventò ribaltare le previsioni: in pochi credevano in lui, ma con la sua fisicità e la freddezza sotto porta si è invece rilevato una delle punte più decisive per il Wolfsburg, confermandosi per 3 anni di fila tra i migliori marcatori del campionato tedesco, appena dietro a Lewandovski, Werner e Sancho.
Risolutivo, conclusivo, ma talvolta anche poco preciso. Impossibile dimenticarsi quei due scivoloni dal dischetto, in Europa League contro lo Shakhtar e stessa scena ripetutasi in coppa di Germania contro il Lipsia, sinonimo di grande personalità ma anche di poca meticolosità.
La casa di riposo
Weghorst ama essere semplicemente Wout e l’ha dimostrato nei gesti più semplici. Come quando frequentava quotidianamente le case di riposo in Olanda per prendersi cura degli anziani rimasti soli. Pensava fosse bruttissimo vivere gli ultimi anni di una vita senza parenti, così conobbe un gruppo ai quali era noto per la sua professione, parlava di calcio e legò con un signore, un 83enne, per il quale diventò un punto di riferimento per quasi un anno.
Ogni giorno l’anziano chiedeva di lui e Wout lo accompagnava all’aria aperta spingendolo sulla sedia a rotelle, donandogli tanto amore ma ricevendone altrettanto. Quando venne a mancare fu davvero dura per WW, che mai si era sentito così importante per qualcuno in una situazione davvero speciale. Il suo sogno resta quello di giocare in Premier League: lassù qualcuno tiferà per lui.
A cura di Martina Quaranta