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Cosimo
Bartoloni

Manfredini si racconta: “La favola Chievo, il compagno Del Piero. E quando mandai ko il Real…”
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Quando partiva sulla fascia sinistra era un treno. Christian Manfredini se lo ricordano bene al Chievo Verona e alla Lazio: 141 partite in Serie A, 7 gol e un percorso che parte a Port-Bouet, un sobborgo di Abidjan, in Costa d'Avorio. Christian è nato lì, il 1 maggio 1975, e all'età di cinque anni è stato adottato da una famiglia italiana: "Dei primi cinque anni in Costa d’Avorio ho dei bei ricordi. Devo solo ringraziare i miei genitori originari che mi hanno dato la possibilità di poter arrivare in Italia. Loro inizialmente volevano che io andassi lì per poter studiare e poi tornare", ha raccontato ai microfoni di grandhotelcalciomercato. "Arrivai in Italia negli anni Ottanta. Nel sud c’erano pochi ragazzi di colore e l’integrazione non era così semplice. Fu così che i miei genitori adottivi decisero di mandarmi a giocare a calcio, per farmi fare attività sportiva e socializzare meglio con l'ambiente. Da lì cominciai. Non ho più smesso...".

Da 'quello nero' a 'quello che gioca bene a calcio'

La storia tra Manfredini e il calcio inizia così: "Iniziai a giocare in una società di Battipaglia. Tutti mi guardavano perché ero di colore. Non perché fossi un extraterrestre, però, ripeto, all’epoca e in quei posti vedere un giovane ragazzino nero non era una cosa molto comune. Iniziai a giocare a calcio e iniziai a giocare molto bene. Il colore della pelle in poco tempo era sparito: non ero più 'quello nero', ma 'quello che giocava bene a calcio'. Questo per far capire quanto lo sport aiuti a superare le barriere...'". Dopo cinque anni, arrivò la chiamata della vita. Quella che te la cambia davvero: "Sergio Secco (padre di Alessio, direttore sportivo, ndr), che a quel tempo era un dirigente della Juventus, aveva un amico a Battipaglia. Questo amico gli fece il mio nome e fu così che feci un provino con la Juve: eravamo un centinaio di ragazzi. Presero me e un altro".

 

Christian Manfredini in basso a sinistra mentre festeggia la vittoria nel Torneo di Viareggio del 1994. Riconoscete anche qualcun altro per caso? 

 

Nella Juventus Manfredini ha passato cinque anni, arrivando fino alla Primavera, dove ha avuto modo di vincere i primi trofei importanti insieme a futuri calciatori professionisti e a una star... mondiale: "Al quinto anno la Juve prese Del Piero dal Padova, inizialmente per la prima squadra. Lui era un giocatore promettente e già forte, però davanti a lui c’era Baggio e non trovava molto spazio. Alex, quindi, venne a giocare con noi nel Torneo di Viareggio, che vincemmo a febbraio, e a giugno venne per le finali dei campionati nazionali della Primavera".

 

L'articolo de La Stampa del 17 febbraio 1994 che celebrava la vittoria della Juventus nel Torneo di Viareggio: "[...] il secondo gol è giunto soltanto al 52', quando Del Piero ha lanciato Manfredini, che non ha avuto difficoltà a battere Dei". 

 

Una squadra forte, la Primavera della Juve di quegli anni: "Eravamo quotatissimi, c’era Cammarata, Binotto, Dal Canto, Del Nevo, ma si vedeva che Alex aveva qualcosa in più. Dall’anno dopo poi salì in prima squadra e il resto è storia. Io alla Juventus invece sono rimasto cinque anni. Ero una delle promesse. Poi mi mandarono in prestito alla Pistoiese in C1 e da lì in poi ho avuto qualche difficoltà. Non ero ancora pronto per fare il salto. Però come dico sempre: sono esperienze che mi hanno formato. Alcuni miei compagni come Binotto, Cammarata e Dal Canto andarono subito in squadre di A, io no. Io sono stato quattro anni in C1 e per me sono stati anni formativi che mi hanno fatto bene: tant’è che poi sono durato più anni io rispetto ad altri ex compagni che sono sbocciati subito". 

"Ecco come nacque la favola Chievo..."

Dopo qualche anno di difficoltà e di gavetta in Serie C, l'esplosione a Verona: "Nell'estate 2000 ero ancora di proprietà della Juventus. Dovevo andare a Crotone, che all’epoca era una sorta di succursale della Juve, dove peraltro come allenatore c’era Cuccureddu che mi aveva avuto nella Primavera bianconera. Per me però sarebbe stato scomodo in termini logistici. Fu così che Sartori (oggi ds dell’Atalanta) mi portò a Verona. Al Chievo trovai un gruppo di ottimi giocatori con un grande allenatore come Delneri. Quello era un gruppo fatto di tanti giocatori talentuosi che avevano bisogno di emergere, allenatore compreso. Fu quello il segreto: ci trovammo tutti insieme nel posto giusto al momento giusto, con un coach bravo e preparato che ci diede la giusta idea di calcio. Da lì è nato il ‘miracolo’ Chievo. È stata un’esperienza molto bella e divertente". 

L'interesse del Milan e il trasferimento alla Lazio: e quel gol al Real...

Dopo due anni al Chievo, con una promozione in Serie A e l'annata 2001/2002 da cenerentola, per Manfredini si aprirono porte importanti: "Nell'estate del 2002 arrivò il momento di provare a fare il salto. Potevo diventare la bandiera del Chievo ma sentivo la necessità di cambiare e provare qualcosa di importante. Si fece avanti il Milan, con Galliani che chiese informazioni al mio procuratore, e la Lazio che aveva dei giocatori di un livello superiore al mio: c’erano Mihajlovic, Stam, Nesta, Crespo, Simeone. Tanti giocatori più forti di me ma come facevo a rifiutare? Scelsi la Lazio, ma i primi mesi furono difficili: non riuscivo a spiccare in quel gruppo di campioni. Tanto che a gennaio mi girarono in prestito all’Osasuna. Stetti cinque mesi: il tempo di fare il gol-vittoria contro il Real Madrid dei Galacticos (c’erano Raul, Ronaldo, Zidane, Figo, Roberto Carlos, Casillas, ndr). Vincemmo 1-0 grazie al mio gol: fu una grande emozione e un bel ricordo. Dopo l'esperienza in Spagna tornai ma andai di nuovo in prestito alla Fiorentina. Mi chiamò Giovanni Galli. La Fiorentina era in B: io non giocavo molto con la Lazio, avevo una casa a Prato e accettai. Era comodo, c’era tutto: famiglia vicina, grande società, grande stadio e grandi tifosi. Però non fu una bella parentesi a livello tecnico. Ma ripeto: tutte le esperienze mi hanno formato. Dal 2004 in poi alla Lazio le cose migliorarono per me: il club dovette smaltire la rosa, vendendo grandi campioni. Questo mi permise di mettermi in gioco e avere più spazio. Da quel momento le cose sono andate molto bene: ho esordito anche in Champions League".

 

 

Passato da calciatore. Presente in FIGC per Manfredini: "Oggi faccio parte di un progetto federale che si chiama ‘Centro Federale Territoriale’: diamo formazione tecnico-sportiva ma anche educativa ai giovani calciatori del territorio e ci confrontiamo con gli istruttori delle scuole calcio. È un lavoro che mi diverte e che mi dà la possibilità confrontarmi con tanti istruttori e di girare per l'Italia". Restituire al calcio quello che gli ha dato in passato. Il viaggio di Manfredini è ancora lungo: il suo treno non vuole fermarsi. 

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