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Redazione

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Van Basten fa 57 anni: quando Marco firmò con la Fiorentina
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Nel giorno del 57esimo compleanno di Marco Van Basten riviviamo l’episodio del mancato trasferimento alla Fiorentina, raccontato in ‘Grand Hotel Calciomercato’.

Se chiedete a un qualsiasi appassionato di calcio di indicarvi il giocatore più forte di sempre potreste ricevere risposte discordanti. Se però questo appassionato, a cavallo degli anni Ottanta e Novanta, è stato un tifoso del Milan o dell’Ajax allora è molto probabile che la risposta sia soltanto una: Marco Van Basten.

Ma qualunque sia la fede di appartenenza, per ognuno che abbia amato la componente artistica di questo sport non è facile cancellare dalla mente la data del 17 agosto 1995, il giorno del prematuro addio al calcio del Cigno di Utrecht. “Mi viene voglia di piangere. È il giocatore più elegante che abbia mai visto in vita mia: se Dio ha deciso così, vuol dire che non vuole vedere più gol belli”, fu la reazione all’annuncio in conferenza stampa di Diego Armando Maradona, un altro nell’Olimpo calcistico dei più grandi di tutti.

Tre Palloni d’Oro e tantissimi altri riconoscimenti, individuali e collettivi: su tutti le tre Champions League e l’Europeo da capocannoniere vinto nel 1988. Un “calciatore interrotto”, come si definisce in ‘Fragile’, la sua autobiografia. Capace di incantare nonostante una carriera segnata dai problemi alla caviglia che lo hanno costretto a quattro operazioni fino al ritiro, arrivato di fatto a soli 28 anni il 26 maggio 1993 nella finale di Coppa dei Campioni persa dal Milan di Fabio Capello contro l’Olympique Marsiglia. Una cerimonia di addio al calcio vissuta come un funerale per un uomo così superiore per grazia e talento quanto vittima delle fragilità del suo corpo e della sua anima: “Non c’è stata una mattina in cui non abbia pensato a quel che avrebbe potuto essere”.

 

 

Rimpianto Fiorentina

Lo stesso pensiero che sarà passato per le menti dei tifosi della Fiorentina nello scoprire che la carriera dell’attaccante olandese e forse anche la storia della Serie A stessa avrebbe potuto prendere una strada diversa. Sì perché la bandiera del leggendario Milan degli Immortali di Arrigo Sacchi, reso grande dal trio dei Tulipani completato da Frank Rijkaard e Ruud Gullit, avrebbe potuto vestire la maglia viola anziché quella rossonera. Anno domini 1986: non una possibilità fantasiosa, ma figlia invece di una sorprendente realtà.

«La prova, schiacciante, è custodita da Claudio Nassi, ex direttore generale di quella Fiorentina metà anni ’80. In soggiorno, esposto come un bellissimo quadro d’epoca, appare in mostra il contratto firmato dal Cigno di Utrecht: Marco aveva deciso, accettando di lasciare il suo Ajax, squadra di cui era capitano già a 21 anni, per Firenze. Sì, è così. Impensabile ma vero», il retroscena raccontato in ‘Grand Hotel Calciomercato’.

Nassi lo aveva visto giocare solo in un Vhs arrivato dall’Olanda, sufficiente per un colpo di fulmine che lo porta sul primo volo direzione Amsterdam, settore popolare dello Stadion De Meer per l’esattezza (così da non dare nell’occhio). Pochi i dubbi su quel predestinato nato nel mito dell’amico Johan Cruijff. Un incontro in un hotel in centro e l’accordo arriva subito: 6 miliardi pagabili in tre anni comprensivi dell’ingaggio del giocatore, ovvero 600 milioni di lire netti a stagione. Più la macchina, più l’appartamento, tutto a spese della società. Più Wim Kieft, attaccante scuola Ajax cresciuto al fianco di van Basten e ceduto al Pisa di Anconetani proprio per la forte concorrenza con il compagno di Nazionale, per 1,6 miliardi di lire (IN BASSO LE FOTO DEL CONTRATTO ORIGINALE).

 

 

Stava nascendo una grande Fiorentina: per il centrocampo il club era vicino anche al brasiliano Falcao in uscita dalla Roma. Poi l’improvvisa retromarcia, raccontata in ‘Grand Hotel Calciomercato’. Accordo stracciato e niente trasferimento a Firenze. Sliding door del calcio: un anno dopo in Italia Marco ci andrà comunque, riscrivendo la storia del primo Milan di Silvio Berlusconi e anche del calcio mondiale. Poteva essere e non è stato, come quell’infinito talento vissuto davvero per troppo poco tempo.

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