Aprire una finestra di mercato solo per un giocatore? Quasi: non è un concetto così lontano dal vero. Il protagonista è Emerson Palmieri: brasiliano di nascita, italiano d’origini, inglese d’adozione. Un bello specchio di quella multiculturalità che sta caratterizzando il nostro calcio e di cui beneficia anche la Nazionale di Mancini. Lui continua a fare bene in Premier ma all’Italia non dispiacerebbe rivederlo in Serie A, dopo quello che ha fatto vedere a Palermo e soprattutto a Roma. Quando per lui si riaprì una finestra di mercato che sembrava chiusa.
Ma come è possibile? Nulla di irregolare, sia chiaro. Anzi, una storia che mette in mostra quanto sia importante l’applicazione alla lettera delle norme che determinano il calciomercato. Partiamo da un concetto: TMS. È il Transfer Matching System, il sistema che dal 2010 permette di perfezionare gli acquisti dall’estero. Funziona su una serie di informazioni che porta a certificare dove si trovi un giocatore al momento della cessione verso un altro club. Un passaggio scontato, si può pensare. Nel caso di Palmieri non è stato proprio così.
"Maledetto" TMS
Nel 2014, il Palermo l’aveva scovato dal Santos. Trasferimento in prestito per un anno, quindi l’idea di rinnovare il titolo temporaneo ma inserendo un diritto di riscatto. La strada sembrava in discesa, tanto che il giocatore nel luglio 2015 già stava facendo il ritiro con i rosanero. Al momento delle firme finali, però, il Santos aveva inviato dei documenti con indicate cifre e rateizzazioni diverse da quelle pattuite. Cosa che aveva fatto infuriare Zamparini: “Non mi interessa che sia forte, non lo prendiamo più”. Ahia.
Alessio Ceccarelli, l’agente del terzino, si era allora attivato e aveva chiamato Walter Sabatini, ai tempi ds della Roma. Tante chiamate, c’era l’interesse di chiudere. Ma un errore rischiava di bloccare tutto: visto l’accordo saltato con il Palermo, il TMS segnava che il giocatore era di fatto del Santos, la cui finestra di mercato si era in realtà chiusa a fine luglio. L’accordo con i giallorossi, quello per cui “manca solo la firma”, sarebbe arrivato solo a metà agosto: che fare? Per quell’errore, rischiava di saltare tutto.
Ceccarelli, Tempestilli (allora Team Manager della Roma) e i segretari del Santos si erano messi al lavoro per cercare di trovare la quadra. Tantissime chiamate a tutte le federazioni, persino alla Fifa: “L’errore è tra Palermo e Santos: la Roma ne risulta oltremodo danneggiata”, è il succo della storia. Serviva una lettera per sbloccare (forse) tutto: venne mandata il 20 di agosto; la Federazione brasiliana decise di riconoscere il disguido e il 25, in via del tutto straordinaria, permise di riaprire per massimo due ore la parentesi per i trasferimenti con l’estero.
Se chiama il Liverpool...
Misura ad hoc con risultati che, a Roma, si sono rivelati eccellenti. Per un anno e mezzo, il terzino aveva giocato tanto e bene. Ma il 28 maggio 2017, durante un Roma-Genoa (3-2, la partita del primo gol da giovanissimo di Pellegri), il ginocchio del giocatore aveva fatto crack. Rottura del legamento crociato, stagione conclusa e trasferimento in Premier saltato. Al Chelsea? No, al Liverpool: i reds avrebbero dovuto presentare la proposta ufficiale proprio nella settimana successiva a quella partita, dopo un interessamento piuttosto insistito per tutto il mese di maggio. “Ci dispiace, non possiamo andare oltre”, la doccia gelata per il giocatore che, sei mesi dopo, avrebbe sposato la causa di Conte al Chelsea (a proposito, ricordate il caso Jorginho?).
Anche in questo caso, si è trattato di una piccola telenovela. L’allenatore lo voleva a tutti i costi, ma il Chelsea poteva farlo solo in prestito e avrebbe voluto pure (o soltanto) Dzeko. La Roma non ci era stata: “Prima di tutto, vi cediamo Palmieri a titolo definitivo. Se volete anche Edin, ne parliamo”.
Tratta e ritratta, alla fine si era trovato l’accordo per la cessione del solo cartellino di Palmieri, grazie alla mediazione decisiva dell’agente Pastorello. Uno che ci sa fare. A Londra, il giocatore si è rilanciato: dal 2018 a oggi ha giocato 70 partite complessive, segnando 5 gol. E poi c'è giusto quella Champions League appena vinta. Quando è chiamato in causa, è di sicuro affidamento, un po’ come per la Nazionale. Portarlo in Italia è servito. Anche con permessi speciali.