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Valentino
Della Casa

Un "Uragano" da 30 miliardi. Fabio Junior: "Vi racconto cosa non è andato alla Roma"
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Sono Fabio Junior: vedendomi giocare, capirete presto cosa so fare”. 14 gennaio 1999, la Roma giallorossa viveva ore di eccitazione: dal Brasile era appena arrivato l’“Uragano blu”, quello che con la maglia azzurra del Cruzeiro sembrava potesse diventare uno degli attaccanti più forti del mondo.

 

Mi aveva chiamato così Alberto Rodrigues, il telecronista che seguiva la nostra squadra in Brasile. Per ogni gol che facevo, per ogni dribbling o assist che realizzavo, aveva coniato questa espressione. Ho conservato ogni ritaglio di giornale in cui si parlava di me così, anche quando sono arrivato a Roma”. Ci racconta subito. Ha il sorriso, non lo toglie mai. In Italia è arrivato per 30 miliardi di lire: tantissime aspettative ma un’esperienza, ai numeri, negativa. “So benissimo che avrei potuto fare molto di più”.

Fabio Junior e Ronaldo: "I confronti non sono mai buoni"

Ve lo ricordate? Quando era arrivato, il Corriere dello Sport aveva realizzato anche un vhs che vendeva come speciale allegato alle copie del giornale. “Ero considerato una rivelazione in uno dei campionati più difficili del mondo”, spiega Fabio. “Ero stato tra i migliori attaccanti della competizione, avevo segnato a valanga”.

 

Tanto da essere paragonato a Ronaldo il Fenomeno. “Ma i confronti non sono mai buoni. Io prendevo le distanze, ma mi rendevo conto che fosse inevitabile. Ho sempre tifato per Ronaldo, che per me è stato unico: ho avuto l’onore di giocare in Nazionale con lui, era un fenomeno davvero. Però anche i miei numeri erano importanti: pochissimi giocatori lasciano una città di tremila abitanti e una squadra di periferia, il Democrata, per spostarsi in uno tre grandi club del suo stato come il Cruzeiro”. E poi è arrivata l’Italia: “Per me, un sogno. E giocare per i colori di una delle società più importanti del mondo, un privilegio. Mi sento io stesso un tifoso della Roma”.

 

Eppure, qualcosa non ha funzionato. “Con il tempo sono arrivato a una risposta: avrei dovuto avere più pazienza. Forse ero troppo giovane, e poi volevo giocare sempre: ho preso spesso decisioni affrettate e so che a Roma avrei potuto fare di più. La mia carriera dice che le soddisfazioni sono state molte di più rispetto alle delusioni: ho realizzato il sogno di tutti i giovani che vogliono diventare calciatori; ho vestito la maglia della mia Nazionale e non c’è onore più grande nello sport; ho cercato di vivere ogni singolo momento come fosse l’ultimo. Ma non considero Roma un fallimento. Avrei potuto fare di più: in alcuni casi non me lo hanno lasciato fare, in molti mi è stato proprio impedito per motivi che conosco solo io”.

Ma di polemiche Fabio è stufo. In Europa è stato anche indagato e squalificato all’interno di un’indagine sui passaporti falsi: “È stata una brutta ferita, ho subìto un processo senza il mio consenso. E forse anche per questo non sono rimasto in Europa”. Ma taglia corto, perché il suo ricordo va al campo. E allora, continuiamo. “La squadra in cui ero inserito era fantastica: c’erano Cafu, Aldair, Zago, Candela, Paulo Sergio, Montella, Delvecchio, Di Francesco, Di Biagio. E poi Totti. Come posso scegliere uno a cui fossi più legato?”.

 

In panchina, Zeman e poi Capello. “Del primo ho un profondo affetto e rispetto. Mi ha sempre trattato molto bene, aiutandomi ad adattarmi al calcio italiano. Con il secondo, pur avendo grande stima professionale, non è andata bene: quando è arrivato, i miei problemi con la società sono aumentati”. Sempre più tribune: addio dopo nemmeno un anno e mezzo, nell’estate 2000.

La nuova vita di Fabio Junior

Fabio torna in Brasile, ma conoscerà anche il campionato giapponese o quello degli Emirati Arabi. Ora è un commentatore per il Gruppo Globo: “Una sfida, a cui sto dedicando tutto me stesso. Ho studiato molto, imparando dai telecronisti più esperti: questo scambio di conoscenze è stato molto importante per me. Spero di poter continuare fino ad arrivare a raccontare i prossimi Mondiali. Non scherzo, ho accettato con lo stesso entusiasmo con cui accettai la Roma”.

 

Perché una cosa è certa. “Se tornassi indietro, rifarei tutto. E lo direi a ogni giovane giocatore che me lo dovesse chiedere. È un peccato vedere tanti calciatori forti che lasciano il Brasile per l’Europa, perché vuol dire che non sappiamo tenere i nostri talenti. Forse, alcuni partono troppo presto, come capitato a me: fossi stato più preparato, avrei affrontato meglio questo viaggio straordinario. Ma lo ripeto, la Roma ha comunque un tifoso in più: quando finirà questa pandemia, mi piacerebbe poter venire in Italia e vedere una partita all’Olimpico. Comunque sia, è stato tutto bellissimo”. 

 

È quasi un monologo: domande poche, risposte molte. Saluta ringraziando per averlo chiamato e per aver potuto raccontare il suo racconto. In Italia lo si è visto poco. Ma “Uragano” lo è davvero.

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