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Dal no alla Juve alla vita da allenatore, Floro Flores: "Il Napoli è il mio sogno"
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Adesso, la nuova esperienza da allenatore. 10 anni fa, giorno più giorno meno, il gran rifiuto. O quasi. Dico no alla Juve, è vero. Tutto vero. Ma non perché sono napoletano e ovviamente tifoso del Napoli eh, ma solo perché volevo giocare. Quindi più che un rifiuto, è stata una scelta. Di cui non mi sono mai pentito”. 18 gennaio 2011, storie di un pazzo calciomercato. A Torino cercano una punta di scorta, bussano alla porta dei Pozzo: “Ce lo prestate Floro Flores? Vi paghiamo 1,5 subito e 10 se lo riscattiamo”. 

 

 

Affare quasi fatto. Quasi, perché il Genoa mette sul tavolo anche una maglia da titolare. “E infatti a Genova segnai 10 gol in 18 partite, non male direi. Sicuramente sarebbe stato diverso farli alla Juventus per la mia carriera, ma la paura che avevo era quella di andare a Torino e stare in panchina. Ecco perché sono convinto ancora oggi della decisione presa allora: non ho nessun rimpianto, rifarei tutto altre mille volte”.

Antonio Floro Flores è un classe 1983, scugnizzo del gol per una vita. 116 reti segnate in carriera, la maglia azzurra dell’under 21 collezionata anche da svincolato (unico precedente nel suo genere), un presente e il futuro in panchina. Iniziando dalla sua terra, la Campania. I ragazzi della Paganese U17 da plasmare per costruire il loro (e il suo) domani. “Dopo 25 anni di calcio giocato, quando si smette, subentrano ansie e dubbi, una marea di punti interrogativi. Ecco perché è meglio partire dai giovani: ho voluto iniziare proprio da loro perché sono il primo che deve imparare tanto".

 

 
                         
La gavetta è fondamentale per questo nuovo percorso da allenatore, secondo Floro Flores. Anche se Pirlo con la Juventus l’ha saltata ma “era un occasione troppo importante per lui, come faceva a dire no. Se fosse capitata a me, questa volta non l’avrei sicuramente rifiutata eh!”. E giù una risata tipicamente napoletana. “Adesso vedo il calcio in maniera diversa, ve lo confesso. Quando giochi, pensi di sapere tutto e invece mi hanno insegnato più i mesi di corsi a Coverciano che tanti anni in mezzo al campo. Giuro".

La scintilla? "A Caserta, quando ho iniziato a fare il dirigente e mia moglie diceva: secondo me tu farai l’allenatore. Perché quando guardavo le partite, commentavo sempre i movimenti. Poi Fabio Cannavaro, che conosco da piccolo, un giorno a Modena muoveva i bicchieri a tavola come un matto: 'se ti piacerà fare l’allenatore, caro Floro, anche tu farai le formazioni così'. E adesso non vedo l’ora che arrivi il giorno dopo per tornare al campo dai miei ragazzi”.

Con un sogno nel cuore, chissà magari un giorno all’improvviso. “Io voglio allenare e basta, ovvio che poi farlo a Napoli sarebbe il coronamento di una favola personale. Su Gattuso comunque poco da dire: grande uomo, grande allenatore. Sta facendo un lavoro importante, al di là di quanto si dica, e dobbiamo solo rispettarlo. L’errore che fanno i tifosi del Napoli è quello di paragonare ogni allenatore a Sarri”.

 

 
                                         
E Floro Flores allenatore a chi si paragona invece?Non guardo l’operato degli altri, perché dovrei andare ad ogni allenamento e studiare tutti i movimenti, non basta vedere solo le partite. Io ho avuto grandi insegnanti come Zeman e Di Francesco, mi piaceva il loro gioco eppure il primo giorno che sono entrato in campo da allenatore ho capito che quel sistema non faceva per me: così ho iniziato a fare di testa mia, prediligo il 4-2-3-1 per chi ama i numeri. Se poi devo fare due nomi, voto De Zerbi e Italiano, giovani e con un’ottima metodologia”.

Tornando al mercato e alle sue storie, non mancano i veri rimpianti. “Il mio più grande rammarico rimane il Genoa, ovvero non esserci rimasto dopo quella parentesi fantastica è stata una grande delusione. Avrei giocato sicuramente un ottimo campionato anche l’anno seguente. Ricordo invece con molto piacere il passaggio da Arezzo a Udine. Con la notizia anticipata di notte proprio da Gianluca su Sky Sport, quando nessuno sapeva nulla: come ha fatto ancora non lo so! Una bella avventura è stata anche quella a Sassuolo, dove Eusebio Di Francesco, con cui avevo già giocato a Perugia, mi chiese di andare a dargli una mano. Gliene sarò sempre grato. Se poi vi devo dire tutta la verità, il mio grande errore è stato poi scendere in serie C. Scelta di cui ancora oggi pago le conseguenze”. 

E adesso?In questo periodo di pandemia, programmare è difficile: speriamo di ripartire presto perché stanno distruggendo dei ragazzi che devono crescere e imparare. Tutti noi viviamo di sogni e oggi per me la Paganese è un gran trampolino, cercherò così di dare sempre il meglio”. Appuntamento allora tra altri dieci anni, forse anche meno. Il mercato delle panchine ha bisogno di nuovi protagonisti e...sorprendenti retroscena.

di Benedetta Pettinari

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