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Infinito Ibra, Galliani: "Avanti così! Ma non mi parlò per un anno"
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Fantastico”. Se potesse dirlo 505 volte, lo farebbe. Durante la telefonata, si limita a una decina. È felice per Ibra, Galliani: tra loro c’è un rapporto che va davvero al di là del lavoro. Un’amicizia vera, un’interazione quasi familiare: Zlatan e il Boss. Si sono amati subito, poi il muro a causa di un “tradimento” di calciomercato, quindi oggi. “Mi chiama sempre Capo”, racconta a Grandhotelcalciomercato.com Galliani, divertito. È uno dei pochi a cui riconosce un’autorità, oltre che un’autorevolezza.

Lo champagne e la promessa infranta

Per questo, il “tradimento” del 2012 fu ancora più pesante. “Non volevamo cederlo, non era davvero nei piani”. Fu una questione di bilancio non prevista. Alla fine di quella stagione, Ibra e Galliani si ritrovarono a casa di Adriano, per fare il punto della situazione. Al tavolo, come sempre, anche il suo agente, Mino Raiola. “Gli dissi che non l’avremmo fatto partire” continua l’ad del Monza, “e per sancire questo patto, bevemmo champagne”. Raiola, però, non ci credeva tanto. “Attento, Zlatan. Ti sta dicendo che resti, state bevendo champagne… per me ti vende”. 

 

 

In realtà, l’ipotesi davvero non era prevista. Ibrahimovic non aveva vinto lo Scudetto, ma il titolo di capocannoniere (con 28 gol) sì, e a Milano in rossonero si trovava benissimo. La stima era reciproca. “La questione era di natura economica: la società aveva dei problemi di bilancio da sanare, ci siamo trovati costretti a operare in uscita. Speravo di non sacrificarlo, e invece fu necessario”. Partirono lui e Thiago Silva, entrambi al Psg per un totale di circa 70 milioni. Ibra se la legò al dito.

 

Non mi volle rivolgere la parola per un anno. Fu un periodo davvero doloroso: chissà cosa sarebbe successo se fosse rimasto. Magari proprio con Thiago Silva”. Il rammarico era doppio: Zlatan aveva sempre deciso quale destinazione prendere. Aveva scelto lui di andare via dalla Juventus quando andò in Serie B per il processo Calciopoli; aveva scelto lui di lasciare l’Inter prima, il Barcellona poi. Non il Milan.

 

 

Con molta pazienza, ci siamo riavvicinati. Lui ha capito che non l’avevo preso in giro. Sono quelle circostanze della vita che purtroppo non possiamo prevedere”. E allora si guarda avanti.

 

 

A distanza da nove anni da quella cessione, Ibra è tornato per rendere il Milan di nuovo una realtà vincente. 505 gol nei club. Mostruoso. “Poteva già arrivare nel 2006, ma Calciopoli travolse pure noi e non eravamo sicuri di restare in Serie A. Se ho provato a portarlo al Monza? Ne abbiamo parlato”, ammette Galliani (che ci ha provato, riuscendoci, con Balotelli), “ma era più per gioco che per altro. Il suo ingaggio era inavvicinabile”. A differenza del rapporto tra loro due, che dopo la pace si sentono in continuazione.

 

A dirla tutta, mi ha salvato il Natale. Mi servivano cinque Play Station 5 da regalare a figli e nipoti, ero riuscito a trovarne solo tre. «Capo, ci penso io», mi ha detto”. Da testimonial PS5, per lui è stato semplice. Poco ci mancava che si vestisse da Babbo Natale per portargliele. Sorride Galliani a ripensarci. Sa che l’amore per il Milan è nato anche grazie a lui. “Avanti così, Ibra” dice, prima di salutare. Cosa manca? Un “fantastico”. Dirlo una volta in più non fa mai male.

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