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Paolo
Borella

La scuola di Lukaku: fra la profezia e la voglia di lasciare il segno
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Dopo due anni intensi sotto la guida di Antonio Conte, è finita la storia d'amore fra Lukaku e l'Inter. Il belga è pronto a ritornare in Premier League da acquisto record (o quasi) nella storia del campionato. Tornando in quel Chelsea che lo aveva sedotto da ragazzo per poi "scaricarlo", ma che Big Rom non ha mai dimenticato e ora vuole riprendersi da protagonista

Lukaku e le pressioni da "salvatore" del Belgio

Kristof Terreur, giornalista di HLN, ci ha raccontato gli inizi della carriera del belga: “Su Lukaku c’è sempre stata grande attenzione mediatica, perché ha cominciato fin da giovanissimo a fare gol e a impressionare. A 16 anni ha esordito nell’Anderlecht, che è la squadra storicamente più importante del Belgio, una di quelle che o ami alla follia o non sopporti aspramente. Quindi era ovvio che il suo personaggio risultasse divisivo”.  

Un po’ dovuto anche alle circostanze: a 17 anni ancora da compiere, Romelu è già campione di Belgio da capocannoniere: “L’attenzione nei suoi confronti era surreale, era sempre l’argomento centrale dei talk show televisivi, un po’ come succede ora in Italia. All’epoca c'era ancora la generazione d’oro, ma si pensava che Lukaku potesse “salvare” la nazionale con il suo talento. Già da giovanissimo,  aveva una pressione importante sulle spalle”.

"La scuola di Lukaku" fra religione e Chelsea

E un programma televisivo, girato nei giorni del suo esordio, ma mandato in onda un anno dopo quando tutto il Belgio parlava di lui, ha cambiato la percezione di Lukaku per il pubblico: “Si chiamava “De School Van Lukaku” e raccontava il suo percorso (e dei compagni nelle giovanili dell’Anderlecht) fra scuola e vita di tutti i giorni.

Venne trasmesso in prima serata sulla prima rete nazionale, quindi si può ben immaginare l’impatto che ebbe, mediaticamente. Il ritratto che ne uscì era di un ragazzo legato alla famiglia, molto religioso, giovane ma con già le idee molto chiare sul suo futuro”.

In una puntata, la classe del giovane Romelu è ritratta a Londra, in gita scolastica. Le telecamere in questa circostanza riprendono il belga, chiaramente emozionato, fare una sorta di profezia all'interno di Stamford Bridge: "Datemi un pallone. Questo è lo stadio dove giocherò. L'unica volta in cui mi vedrete piangere sarà quando giocherò qui. Non è un sogno, un giorno sarò qui". Tempo due anni e ha avuto ragione lui. Ora, più di undici anni dopo, è pronto a ripetersi.

Anche se i suoi atteggiamenti causarono un po' di polemica: “Si vedeva un giocatore sicuro di sé stesso e delle sue qualità, ma non direi arrogante. Però molti interpretarono male i suoi comportamenti e per lungo tempo c’è stata una parte dell’opinione pubblica che non lo sopportava. Addirittura in alcune sfide della nazionale venne fischiato, anche perché all’inizio della sua avventura con il Belgio non segnava quanto ora”.

L'incontro con Conte e l'ultimo passo per arrivare al top

Molto però è cambiato dal suo arrivo all’Inter, per chi lo ha visto crescere passo dopo passo si può dire che l’incontro con Conte è stato il più importante della carriera.  

L’Inter investì tanto, 65 milioni più di 10 di bonus, per dare al suo allenatore l’attaccante ideale, che il leccese aveva già cercato quando sedeva sulla panchina della Chelsea: “Da due anni a questa parte c’è un altro Lukaku, più decisivo e uomo squadra. Anche in Belgio i dubbi su di lui sono svaniti, è diventato un vero leader sia per l’Inter che per la nazionale. Lo scudetto vinto e le prestazioni internazionali sono la riprova della sua crescita” ci racconta sempre Terreur.

Crescita netta, tanto da attirare l'offerta da record del Chelsea. Stavolta Stamford Bridge è solo tuo, Rom

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