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Nicolò
Franceschin

Pandev, l’antidivo diventato grande in Italia
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Simbolo della Macedonia diventato grande in Italia. Due nazioni, due case. La prima dove è nato e quella che per anni ha rappresentato. La seconda dove è cresciuto e affermato. L’arrivo all’Inter, dove toccherà l’apice della sua carriera, lo Spezia e l’Ancona, l’amore e l’odio con la Lazio. Poi Napoli, Genoa e Parma. Galatasaray l’unica esperienza all’estero. Un eroe normale. Un antidivo che antepone le emozioni ai fasti estetici. Goran Pandev. 

 

 Dalla Primavera dell’Inter alla Lazio

La prima volta con l’Italia coincide con la Milano nerazzurra, come il suo riferimento, Darko Pancev. Fu scoperto da Casiraghi in un torneo in Ungheria. La maglia della prima squadra non la vestirà mai, giocando solo con la Primavera. In coppia con Martins vincerà un Viareggio e uno scudetto nel 2002. Nella stagione successiva il prestito allo Spezia in C1. Nella stagione 2003/2004 arriva l’esordio in Serie A con la maglia dell’Ancona di Hubner. In estate il passaggio in comproprietà alla Lazio nell’affare Stankovic. Amore e odio. Esaltazione e oblio. I gol con Tommaso Rocchi, la doppietta al Real Madrid in Champions, la Coppa Italia vinta. Fino al 2009. Supercoppa Italiana. La Lazio sfida l’Inter di Mourinho. Gli scherzi del destino. Pandev non è convocato. 

 

 

 Andata e ritorno

Dopo anni il macedone prende il treno per il ritorno a Milano. Prima un forte scontro con l’ambiente laziale e mesi passati ad allenarsi lontano dai compagni. Il motivo? Una scelta di Lotito, dovuta al rifiuto del giocatore di rinnovare il contratto. Litigi, incomprensioni, vie legali. Sei mesi fuori rosa. Il 23 dicembre la Lega Calcio accoglie la sua richiesta di essere svincolato. Da Milano arriva una chiamata. Dall’altra parte del telefono c’è Josè Mourinho. Il macedone torna all’Inter e sarà uno dei protagonisti della vittoria del Triplete. Lui ed Eto’o simboli del sacrificio di quella squadra. Il gol nel derby su punizione che l’allenatore gli chiese di battere prima di essere sostituito. Apoteosi nerazzurra. Pandev, l’antidivo arrivato dalla Macedonia, è sul tetto d’Europa.

 

 

 Il Genoa, la sua Macedonia e il Parma

Un anno ancora all’Inter, poi il trasferimento al Napoli. In prestito il primo anno, a titolo definitivo quello successivo, chiamato a sostituire il Pocho Lavezzi. Nel 2014 vola in Turchia al Galatasaray per l’unica esperienza lontana dall’Italia. Dopo una stagione ecco il ritorno. Ancora sul mare, questa volta a Genova. Con la maglia rossoblu, naturalmente. I 100 gol in Serie A, le salvezze conquistate, l’amore di una città. Anni di consigli ai più giovani, vissuti come guida per i suoi compagni. Nel gennaio del 2020 la possibilità di tornare all’Inter. “Sono rimasto al Genoa per salvare la squadra. È il mio obiettivo”, il suo commento sulla decisione di restare in Liguria. A gennaio l’addio e l’avventura a Parma: “Mi fa male, ovvio che fa male. I primi 4 giorni dopo l'addio non ho dormito. Non avevo paura di retrocedere ma al Genoa mi hanno fatto capire che non avevano più bisogno di me”, dichiarò qualche settimana dopo al Secolo XIX. Ora gli ultimi mesi, prima del ritiro.

Un viaggio di emozioni. Nel mezzo la sua storia d’amore con la nazionale. A modo suo, senza esigenze di protagonismo. Un’avventura iniziata che non era ancora maggiorenne. Poi la fascia di capitano, il gol qualificazione della Macedonia a Euro 2020 nei playoff contro la Georgia e il primo gol della sua nazionale in un Europeo, nella prima gara del girone contro l'Austria. La storia di un antidivo.

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