Lasciare casa a 14 anni per inseguire il proprio sogno. La storia di Pisacane inizia esattamente così. Questione di determinazione e forza di volontà, quella che a Fabio non è mai mancata. Da Napoli a Genova, circa 700 chilometri di distanza colmati dalla voglia di realizzare le proprie aspirazioni. La Liguria come prima tappa del suo viaggio, raccontato ai microfoni di Grandhotelcalciomercato.com.
“Ho saputo di andare al Genoa dieci mesi prima del mio arrivo. Avevo appena iniziato il campionato con la Damiano Promotion e a settembre ero già stato venduto dopo un provino. C’era Claudio Onofri, al tempo responsabile del settore giovanile del Grifone, che veniva a fare spesso dei raduni a Varcaturo dove ci allenavamo. Il presidente della Damiano Promotion mi disse che il Genoa mi aveva acquistato e che mi sarei trasferito a fine stagione”. Un treno da non perdere. Ma lasciare Napoli fu tutt’altro che semplice. “Sono stati mesi di insonnia. Già a quell’età sono dovuto crescere in fretta, dato che dovevo rendere per una società che aveva creduto in me. Non fu facile, ma poi è risultata un’esperienza positiva”.
Ma la carriera di Pisacane è stata caratterizzata da diversi momenti difficili. Il primo ad appena 14 anni, dopo circa un mese dal suo arrivo nelle giovanili del Grifone: “Mi diagnosticarono la sindrome di Guillain-Barré. Per me fu una mazzata. Come un fulmine a ciel sereno. Vedendo tutte le persone che vengono colpite da questa sindrome e le conseguenze che restano nel tempo, mi rendo conto di quanto sia stato fortunato”. Un periodo difficile, superato grazie anche ai propri compagni di squadra. Tra questi Domenico Criscito, partito da Napoli e arrivato a Genova proprio insieme a Pisacane. “Ho avuto la vicinanza di tutta la squadra, soprattutto dei miei compaesani. Quell'anno, nella leva dell’86 del Genoa c’erano diversi ragazzi con le mie stesse origini. Loro non mi hanno fatto sentire solo”.
Il debutto con il Genoa e la gavetta
E’ il 28 maggio 2005 e al Ferraris si gioca la 40ª giornata di Serie B. Il Genoa è avanti per 2-0 sul Catanzaro quando al 69’, Serse Cosmi, al tempo tecnico del Grifone, chiama Pisacane dalla panchina. “Se ripenso a quel giorno lo rivivo con grandissimo entusiasmo, anche perché era una partita in cui ci giocavamo tanto. Si fece male Baldini, il mister si girò verso di me e mi chiamò. Non mi sembrò vero, anche perché in panchina c’era un giocatore di ruolo di prima squadra”.
L’esordio tra i grandi al Ferraris. Il tutto a 19 anni. Emozioni forti e indescrivibili. Ma questo è solo l’inizio. Dopo un anno in prima squadra, Pisacane viene girato in prestito al Ravenna. Da lì in poi, diverse esperienze in Serie C1 e in Serie B. Un percorso di crescita netto, che Fabio porta con sé: “La gavetta credo che sia il magazzino più importante per la formazione di un calciatore. Dai valore a tutto: al sacrificio, alla soddisfazione, agli errori. A tutte quelle cose che, se giochi da subito nel calcio che conta, sembra che siano dovute. E’ attraverso la rincorsa che poi si forma anche l’uomo”.
Poi, nel 2010, Pisacane passa al Lumezzane. Durante questa parentesi denuncia lo scandalo calcioscommesse, ricevendo in seguito la nomina di ambasciatore dalla FIFA: “Per me è stata una soddisfazione dal punto di vista etico, ma non mi ha spostato più di tanto. Le medaglie sono dei riconoscimenti che fanno piacere, ma è già l'atteggiamento che vale come un premio. Tanti avrebbero fatto la mia stessa scelta. Mi è dispiaciuto solo che il mio gesto sia passato come qualcosa di anormale. Mi ha fatto pensare che il calcio non attraversasse un periodo positivo da questo punto di vista. Fortunatamente queste cose non si sentono più”.
L’esperienza con l’Avellino
La consacrazione di Pisacane arriva con la maglia dell’Avellino. Un’occasione importante, che Fabio non esita ad accettare. “E’ stato il treno che mi ha portato in Serie A. Paradossalmente all’Avellino ci arrivai nel periodo più drammatico della mia carriera da calciatore, perché ero alla Ternana, avevo vinto un campionato da protagonista e avevo firmato un biennale. Dopo 7 partite mi ruppi il ginocchio, a 26 anni. Fermarmi per 7 mesi per un infortunio al crociato mi ha fatto vedere tantissime cose da fuori, e ho notato che quell’ambiente, in quel momento, non mi apparteneva più. Allora appena c’è stata l’occasione dell’Avellino, che mi ha fatto sentire un giocatore importante proponendomi un triennale, l’ho presa al balzo. Mi sono sentito apprezzato”. Due anni di grandi prestazioni e soddisfazioni, raggiunte al fianco di Massimo Rastelli. “Con lui feci un grande campionato. Poi fu scelto dal Cagliari l’anno successivo e decise di portarmi con sé. La mia carriera è cambiata all’Avellino”.
L’esordio con il Cagliari e il rapporto con la città
Dopo due stagioni con l’Avellino, arriva la chiamata del Cagliari. La chiusura di un cerchio. Dal rischio di lasciare il calcio all’esordio in Serie A. La data da cerchiare in rosso sul calendario è il 18 settembre 2016. “In quel Cagliari-Atalanta, c’era Fabbri di Ravenna ad arbitrare. Sull’1-0 per noi, ricordo che fischiò un calcio di rigore su Papu Gomez. Un fallo da parte mia che però avvenne fuori area. Fortunatamente Rafael parò il rigore calciato da Paloschi. Se quel rigore fosse entrato, non so come sarebbe finita la partita e quale sarebbe stato il mio destino con il Cagliari. Fino a quel momento ero visto come il “cocco” del mister, anche all’interno della società c’era qualcuno che non credeva in me. A fine partita sono poi andato davanti alle telecamere e tutto questo accumulo di stress mi ha portato ad emozionarmi”.
Pisacane non trattiene le lacrime. Un sogno che si realizza dopo anni di sacrifici. La dimostrazione che nulla è impossibile. Un traguardo raggiunto anche grazie alla fiducia del presidente Giulini. “Lui è uno di quelli che devo ringraziare. Per me la riconoscenza è un valore importante. Insieme a Rastelli, nella mia permanenza al Cagliari, ha creduto in me. Poi è chiaro che la riconferma me la sono dovuta sudare”.
Sul campo ma non solo, Pisacane ha un legame profondo anche con la città di Cagliari. Dal suo arrivo nel 2015 al presente, tanto da decidere di restare in Sardegna dopo l’esperienza con il Lecce: “Spesso mi capita di girare per la città e le persone mi fermano come se non me ne fossi mai andato. Abbiamo scelto Cagliari perché è stato il centro di tutto, calcisticamente parlando. Qui ho raggiunto i più grandi risultati nella mia carriera”.
E dopo la parentesi con la maglia del Lecce, Pisacane ha i piani chiari per il futuro: “Io mi alleno due ore al giorno per fare ancora qualche anno come calciatore, visto che è quello che mi hanno chiesto i miei figli. Poi non mi piacerebbe chiudere con il Covid. Della mia esperienza al Lecce ho un solo rimpianto, quello di non aver mai fatto una presenza con il pubblico sugli spalti. Mi piacerebbe smettere con uno stadio pieno. Vediamo a giugno cosa si presenterà: se dovesse esserci qualcosa di interessante la prenderò in considerazione. L’importante è che io stia bene”. Senza fretta e senza pretese, quest’estate si vedrà. Intanto Pisacane si prepara. Tra il mare e il calore del popolo cagliaritano. Quello che a Fabio è rimasto nel cuore.