Sognare Baggio, accarezzare il sogno di giocare con lui. Non sempre le favole in Italia hanno un lieto fine. È una questione di percorsi diversi, di scelte. Juraj e Marek avevano 17 anni, erano nell’Under 17 della Slovacchia, quando Gianluca Nani e Maurizio Micheli li avevano portati a Brescia per un provino. Era la primavera del 2004: uno, da Brescia, se n’è andato dopo 3 anni con destinazione Napoli; l’altro, invece, ha scelto una sfida diversa.
“Me lo ricordo ancora quel viaggio” ci racconta Piroska, 34 anni, mezzala che in patria (soprattutto nel Senica) ha fatto tutt’altro che male. “Ero andato a Brescia con Hamsik, ma poi era arrivato il Friburgo e avevo deciso di andare lì”. Dalla Germania, però, Piroska viene subito prestato ad altri club in Slovacchia: prima il Trencin, poi l’Artmedia Bratislavia, quindi lo Sparta Praga e il Senica a più riprese, compresa questa stagione (175 partite e 49 gol in totale).
“Conoscere Baggio è stato incredibile. È uno dei più grandi calciatori di tutti i tempi. Ho conservato grandi memorie di Brescia e di quella società”, anche se non ha funzionato. Era il Brescia di De Biasi, quello che raccoglieva l’eredità di Mazzone (qui la nostra intervista all’allenatore). Pensa a come sarebbe stato? Forse, “ma un calciatore non deve mai guardarsi indietro”.
Anche perché Piroska ha avuto la possibilità di mettersi in mostra in Italia. Gennaio 2017: grazie a Mirko Berrettini (“mio grande amico”), si è presentata l’occasione della Vibonese in Serie C. “Un’esperienza interessante”, dice. “Era la mia prima volta nel sud Italia, e mi è piaciuto molto. Dal presidente Caffo a tutte le persone che ho incontrato. Anche se non è andata”.
Come mai? “All’esordio ho segnato e abbiamo vinto, ma poi l’allenatore (Costantino, ndr) ha deciso di passare al 3-5-2, un modulo che non mi si addice molto. Sono stato sempre più escluso e ho deciso di cambiare a fine stagione: nessuna polemica, ma volevo giocare come ho sempre fatto e lì non avrei avuto spazio”.
Sentendolo, Piroska non lascia mai spazio a ripensamenti o rimpianti. Che è la cosa più bella di tutte. Anzi, pensa al futuro: “Ho 34 anni, so che carriera di un giocatore non è eterna. Ho giocato in molte squadre ma a Senica mi sento a casa. Ora studio per diventare allenatore e vediamo quello che succederà”. Magari sognando l’Italia. Mai dire mai.
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