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Il tatuaggio premonitore, il santino e un pizzico di Italia: chi sono gli ‘eroi’ dello Sheriff

Alla voce “sorprese di stagione”, lo Sheriff Tiraspol non può che occupare la prima posizione: dopo aver vinto sullo Shakhtar di De Zerbi, il club della Transnistria (nazione non riconosciuta, all’interno della Moldavia) ha sconfitto pure il Real Madrid al Bernabeu. Una partita da 30 tiri a 4, finita però 1-2. Cinismo, attenzione e cuore… tanto cuore. Vittorie che non sono servite per qualificarsi, ma sicuramente per lasciare un segno indelebile in questa Champions, la prima giocata dallo Sheriff. Come nelle migliori favole. La squadra dell'”isola che non c’è” sta stupendo tutta Europa.

La politica del club

Un club con strategie forti e strutture di allenamento importanti. Una boccata d’aria nella grigia Transnistria dei palazzoni. Si investe tanto sui giovani, a cui si insegna il motto “ubi concordia, ibi victoria”, “dove c’è l’unità, c’è la vittoria”. Dall’estero pescano tanto, con scout forti su Sudamerica e Africa.

A decidere se un acquisto si fa o no c’è il direttore generale, Vazha Tarkhnishvili, leggenda del club, che però non viaggia per visionare i giocatori: gli bastano i video per capire se sei dentro o no. E, nonostante il metodo particolare, ci ha preso spesso: i giocatori più forti finiscono nei migliori club di Russia o dei paesi scandinavi per una manciatina di milioni: cifre che per un club come lo Sheriff sono una fortuna. 

Thill e quel tatuaggio premonitore

Quelli dello Sheriff sono calciatori normali, i cui valori di mercato, tutti sommati (*12,3M in totale), non arrivano a quello di Lucas Vazquez (*15M), per citarne uno qualsiasi tra chi ieri sedeva sulla panchina del Real. Gente normale, dicevamo. Che però ci ha sempre creduto. E che si è ritrovata in mezzo ad un sogno. Chiedere a Sebastian Thill, autore del gol partita al 90′ minuto. (*dati Transfermarkt)


Cresciuto in una famiglia di calciatori (i due fratelli giocano nel campionato ucraino), è il primo lussemburghese a segnare in Champions. Lui, che la coppa dalle grandi orecchie l’ha sempre voluta. Tanto da… tatuarsela sul polpaccio sinistro. E’ lì, impressa sul suo corpo, in una nuvoletta in stile fumetto. E ora, dopo quel mancino che ha trafitto Courtois, è anche nel suo cuore. Per sempre.

Nomi da campioni, gesta da campioni

Leggendo la rosa dello Sheriff ci si può imbattere in nomi di campioni affermati. Nello specifico, Cristiano e Adama Traoré. No, nessun colpo clamoroso, ovviamente. Semplici casi di omonimia. Ma sono, proprio loro, due degli idoli dei tifosi. Il primo, terzino sinistro brasiliano, è un mago degli assist: due partite in Champions, tre passaggi vincenti, a cui se ne sommano altri due nelle fasi di qualificazione e due in campionato.


Un apporto fondamentale alla squadra, come quello che arriva da Traoré, cannoniere della formazione moldava. Attaccante maliano classe ’95, ha totalizzato 5 gol (e 3 assist) in 10 partite di Champions, tra gironi e qualificazioni. Finalizzatore, ma anche pronto al servizio dei compagni. In sostanza, un trascinatore.

Un pizzico di Italia (con santino)

E’ proprio vero che di italiani se ne trovano ovunque: anche in una squadra a duemilatrecento chilometri di macchina da Roma, un pizzico di Italia c’è. Come? Grazie a Gustavo Dulanto Sanguinetti e Fernando Costanza, difensori dello Sheriff con origini radicate nel nostro paese. Sì, è vero: il primo è peruviano, mentre il secondo brasiliano. Ma nei loro nomi e nelle loro famiglie l’Italia c’è, e si sente. 


Dulanto, che sulla maglia ha scelto il secondo cognome Sanguinetti, è il centrale che per novanta minuti più recupero ha avuto il difficile compito di annullare Benzema nella notte di Madrid. Mission (impossible) completed. Devoto, faccia da universitario (con tanto di occhiali squadrati fuori dal campo), ma tatuaggi da bad boy: per l’occasione ha portato con sé (e postato nelle stories) un… ‘santino‘ di Giuda Taddeo come portafortuna.

Costanza, 22 anni ma la faccia ancora da teenager, ha marcato il suo connazionale Vinicius Junior, frenandone l’estro e le giocate. E ha corso tanto, su e giù per la fascia destra. Un treno verdeoro con un tocco di azzurro nel sangue. Che ai tempi del Lille (giocava nella squadra B) in partitella si trovava contro Pepé, Leao, Bamba e Ikoné. Una bella palestra.

Insomma, c’è l’Italia, ci sono le ‘versioni sconosciute’ di campioni e ci sono, soprattutto, i sogni. Sostanza di questa favola, romantica come non se ne vedevano da un po’. Perché, diciamocelo, gli underdogs piacciono un po’ a tutti.

Luca Bendoni

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Luca Bendoni

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