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L’operazione più complessa: Mandragora, il Torino e quel “no” al Cagliari

Quando Cairo apre i suoi uffici, sai cosa proponi ma non come ne esci. Il presidente del Torino durante il calciomercato si diverte, ha vecchie scaramanzie che lo hanno accompagnato nei suoi primi anni, se ne crea di nuove. A volte azzarda, come imbastire operazioni con la Juventus: non è mai facile, questioni ambientali. Ma se l’affare chiama… Anzi, a chiamare è stato lui (Cairo), con il suo dt (Vagnati). Dall’altra parte, Luca De Simone e Stefano Antonelli, che con il presidente ha lavorato da dirigente nel 2007. “Possiamo parlare di Mandragora?”.

 


 

Strano, vero? Soliti ingorghi da calciomercato. La prima proposta è di inizio mese: ci prova la Fiorentina. No secco dei Pozzo: “È un nostro titolare e la nostra classifica non ci permette di lasciar partire i più importanti”. Altro che mercato di esuberi, quello di gennaio. Rolando da novembre aveva ripreso a giocare: si era fermato a giugno, un grave infortunio al ginocchio subìto proprio a Torino, in uno scontro con Meité. Eppure qualcosa si muove comunque, lo si percepisce. La seconda svolta è di metà gennaio: il 19, in particolare, il Torino esonera Giampaolo e incarica Nicola di salvare la squadra. Il primo nome per il centrocampo è quello di Rolando, allenato a Genova e Udine.

 


 

E qui si arriva alla chiamata. Antonelli e De Simone sorridono, ci pensano, iniziano a capire cosa fare. Torino piace, è una piazza che, in tempi normali, sa dare stimoli pazzeschi come ambiente. “Se devo lasciare Udine, quella è la destinazione giusta”, dice Mandragora. Allora si va avanti. Primi contatti con la Juventus, con l’Udinese ancora non a conoscenza del discorso: l’accordo si trova. Si va dagli altri bianconeri? Macché.

 


 

Gli agenti ricevono una nuova telefonata, sempre da Milano. È Giulini, un altro presidente di quelli tosti con cui trattare. “Mandragora è in uscita?”. “Come fai a saperlo?”. “Ne parliamo?”. Offerta importante al giocatore per convincerlo ad arrivare: un contratto importante sul tavolo, tante prospettive di crescita in rossoblù. “Abbiamo anche già sentito la Juventus”. Testa a testa.

 


 

A mancare è sempre però la terza parte, l’Udinese. “Noi non vogliamo lasciarlo partire”, dicono i friulani a Paratici, uscito allo scoperto dopo avere in mano le due opzioni. Comincia un altro pressing, quello di Mandragora, che vuole il Torino. “Sei sicuro?”, gli chiedono i friulani. La decisione è stata presa, la testa è già con Nicola. Nulla di personale con i Pozzo, anzi: è questione di stimoli e il Toro è storia e passione. E il Cagliari? Un “no” incassato che non fa arrabbiare. Le trattative sono così.

 


 

A proposito di trattative: vi ricordate il contratto di Nicola? Quello di Mandragora, a vincoli e opzioni, non è da meno. Il prestito è di 6 mesi, ma a giugno 2021 il Torino lo rinnoverà automaticamente di un anno, in caso di salvezza, a meno che non decida di riscattarlo, pagando 16 milioni di euro. Nel 2022, poi, sempre con il Toro ancora in Serie A, scatterà subito l’obbligo di riscatto a 9 milioni di euro. Un’operazione che fa felici tutti: Mandragora (che ha segnato la sua prima rete proprio contro il suo ex Crotone) in primis, ma anche Cairo, che nel mercato cerca sempre la trattativa più complicata.

Valentino Della Casa

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