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“Siamo la Juventus, vorremmo Leon”: Honduras-Torino (quasi) sola andata

Juve su Julio Cesar dé Leon”. Chi? Lui, Leon. Ve lo ricordate? Funambolico talento hondureno, che a ventidue anni appena compiuti poteva arrivare in Italia per diventare il vice di Alessandro Del Piero (pensate alla storia di Bellucci). A Reggio Calabria è stato così importante da ottenere nel 2007 la cittadinanza onoraria. Se fosse andato alla Juve, forse non sarebbe successo.

Proviamo a ripercorrere una storia che, come tutte quelle di calciomercato che si rispettino, ha dei colpi di scena non da poco. Era l’estate del 1999: nell’Honduras Under 20 che aveva giocato i Mondiali erano emersi due talenti in particolare, un certo David Suazo e Leon. Il suo agente italiano di allora, Vincenzo D’Ippolito, aveva un vhs nella sua valigetta, pronto a farlo visionare ai dirigenti di Serie A. Appuntamento a Torino, da Moggi. “Bel giocatore, ci segniamo il nome”. Arrivederci e grazie?

La Juventus e il retroscena di calciomercato su Leon

Sì e no. Perché due anni dopo, ad agosto, Big Luciano aveva digitato il numero di D’Ippolito per un motivo molto chiaro: “Ci serve un vice di Del Piero. Quel Leon è ancora disponibile?”. Si parte. L’operazione per la Juve sarebbe stata facilissima: il fantasista, di proprietà degli uruguaiani del Club Deportivo Maldonado, costava 4,5 milioni di dollari. E poi i bianconeri sembravano davvero convinti: Angelo Sala, storico osservatore dei piemontesi, il 1 settembre del 2001 aveva visto a Washington la partita di Qualificazione ai Mondiali tra Stati Uniti e Honduras (terminata 2-3), in cui Leon aveva giocato non bene. Di più. 

La trattativa

Insomma, incastro facile, tanto da far comprare un biglietto aereo al giocatore e al presidente del club per l’Italia, con un volo previsto intorno al 20 del mese. Quell’anno, infatti, il calciomercato si sarebbe chiuso il 27, con un’immediata riapertura autunnale di poche settimane dopo: i tempi insomma non erano nemmeno troppo corti. Tutto facile, sì. “Ma mi raccomando, non dire nulla ai giornali”, si era raccomandato Moggi a D’Ippolito, alla vigilia delle firme.

 


 

Il giorno dopo, puntuale, il titolo in prima pagina su Tuttosport: “Juve su Julio Cesar dé Leon”. Chi aveva “cantato”? Non si sa, ma l’agente, persona sempre molto riservata, ci era rimasto di sasso. “E adesso?”. All’appuntamento per chiudere i dettagli a Torino e arrivare alle firme (che sarebbero state a Milano, con il giocatore arrivato e in albergo) Moggi e D’Ippolito si erano incontrati e la discussione si era fatta subito tesa. “Insomma, a noi Leon piace. Ma non possiamo prenderlo perché adesso il costo sarà troppo alto per quelle che sono le sue attuali qualità”. Soluzione? Operazione combinata per farlo crescere in Italia. Il dirigente bianconero ci aveva provato subito con il Bologna e il Piacenza, che non avevano però la necessità di acquistarlo.

Leon e la Reggina

Tutto saltato, con D’Ippolito che aveva il problema di avvisare il presidente ma soprattutto il ragazzo, venuto apposta in Italia ed entusiasta all’idea di firmare per la Juve. Ma di ritorno da Milano, era avvenuto l’incredibile. Sceso dall’auto, l’agente si era trovato di fronte, per caso, l’allora ds della Reggina, Gabriele Martino, che con Lillo Foti aveva creato una squadra molto importante per cercare la promozione in Serie A. “Sai, sto cercando una mezza punta. Ma perché hai la faccia così arrabbiata?”.

 


 

D’Ippolito aveva abbozzato, ma dopo poco tempo aveva proposto l’operazione Leon. Nessun vincolo, allora, per i giocatori con passaporto non comunitario; nessun problema nemmeno per il costo: Foti e Martino sarebbero riusciti a prendere il giocatore in prestito a 350mila dollari, con un riscatto programmato nelle stagioni successive.

 


 

Leon, quell’anno, con due gol in ventinove presenze, avrebbe contribuito eccome alla promozione della squadra. Che poi, a dirla tutta, a Torino ci ha davvero vissuto: stagione 2009-2010, maglia granata, sempre in B. Non era andata benissimo. In amaranto, tutta un’altra cosa. In bianconero non lo sapremo mai. Ma è anche questo il bello del calciomercato.

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